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MiFID II: consulenti "bocciati" sul fronte ESG

1/9/2024 | Marcella Persola

Secondo uno studio di Oxford Risk il 71% dei consulenti affermano di affidarsi all'intuito per valutare il livello di rischio adeguato di un investitore.


Gestori patrimoniali bocciati su MiFID II. A rivelarlo è lo studio di Oxford Risk che ha condotto una ricerca sui gestori patrimoniali europei che gestiscono complessivamente un patrimonio di circa 3.200 miliardi di euro.

 

Il rapporto intitolato "I gestori patrimoniali si stanno ancora adattando alla MiFID II" rivela che molti gestori patrimoniali europei non riescono ad adeguarsi alla MiFID II, non valutando appieno l'idoneità e i livelli di rischio dei clienti.

 

Nello specifico solo due gestori patrimoniali europei su cinque (38%) sono pienamente consapevoli e comprendono appieno le indicazioni di ESMA (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) sulle valutazioni di sostenibilità (ESG) da implementare nei questionari MiFID II. Nonostante l'ESMA abbia aggiornato le sue linee guida per integrare i fattori, i rischi e le preferenze di sostenibilità nei requisiti organizzativi delle società di investimento lo scorso settembre, più di un gestore patrimoniale su 12 (13%) ammette di non sapere cosa siano le direttive sulle valutazioni di sostenibilità o di non essere sicuro di averle comprese appieno.

 

A prescindere dalla consapevolezza e dalla comprensione delle direttive MiFID sulle valutazioni di sostenibilità, la ricerca mostra che circa il 90% dei gestori patrimoniali europei concorda sul fatto che la definizione delle preferenze in materia di sostenibilità è uno dei compiti più importanti da svolgere nel momento in cui si acquisisce un nuovo cliente. Tuttavia, troppo spesso queste valutazioni e processi di sostenibilità non forniscono informazioni sufficientemente approfondite e dettagliate su cui basare le decisioni future.


Lo studio ha rilevato che, nonostante siano state integrate nei requisiti della MiFID II, meno di un gestore patrimoniale su cinque (17%) è "fortemente d'accordo" sul fatto che la propria azienda abbia incorporato con successo un metodo per stabilire le preferenze di sostenibilità del cliente nei propri processi. La ricerca ha rilevato che molti non sono in grado di farlo senza gli strumenti e i software giusti. Solo uno su quattro (26%) è "fortemente d'accordo" di avere accesso agli strumenti o ai software giusti per valutare efficacemente le preferenze di sostenibilità di un investitore.


Per questo mancando l'implementazione di strumenti adeguati i gestori patrimoniali europei si affidano troppo alla propria intuizione e all'autovalutazione del livello di rischio dei clienti. Circa tre su quattro (75%) ammettono di affidarsi in larga misura ai clienti per sapere qual è il loro livello di rischio adeguato. Circa uno su cinque (22%) afferma di essere fortemente d'accordo sul fatto di affidarsi in larga misura all'autovalutazione del cliente quando si tratta di stabilire i livelli di rischio.


I consulenti spesso basano le loro decisioni anche sul proprio intuito. Circa sette gestori patrimoniali su dieci (71%) affermano di affidarsi all'intuito per valutare il livello di rischio adeguato di un investitore. 

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