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Consob, 50 anni di crisi e trasformazioni

10/12/2024 | Francesco D'Arco

Nata nel 1974 nel mezzo di una crisi, oggi la Commissione - e l'intera UE - si trovano a dover nuovamente bussare alla porta del risparmio privato.


“Preoccupazione della Commissione è stata quella di iniziare la sua attività ... con un piccolo nucleo di personale, particolarmente scelto, proveniente dal Ministero dal Tesoro: 7 funzionari organizzati in gruppo di lavoro permanente”. Con queste parole il primo presidente della Consob, Gastone Miconi, si rivolgeva ai senatori il 10 dicembre 1975, invitando il governo a considerare che era già evidente che quel nucleo iniziale non fosse sufficiente “a garantire, da solo, l’operatività della Consob”. Una Consob nata da un anno e che oggi, con 50 anni di storia, grazie a un volume reso noto questo venerdì 11 ottobre 2024, ripercorre le sfide, i cambiamenti, i successi e le difficoltà che hanno accompagnato questi cinque decenni.

Il libro, dal titolo “Consob, 50 anni di storia” si apre con l’introduzione a firma di Guido Ferrarini (professore emerito di diritto commerciale dell’Università di Genova). Un’introduzione che fa già emergere una grande peculiarità della commissione, ma anche, direi, delle tappe che hanno segnato la trasformazione dei mercati finanziari, e di conseguenza del mondo del risparmio gestito e della consulenza finanziaria: a segnare i grandi cambiamenti sono state le crisi.

La stessa nascita della Consob è figlia di una crisi: “Con la crisi in cui versava il mercato borsistico e l’accresciuto numero dei risparmiatori, era indilazionabile l’introduzione di regole e controlli sulla trasparenza e sulla correttezza dei comportamenti dei soggetti che operavano nel mercato finanziario. Si intendeva così dare attuazione all’art. 47, comma 2, Cost. sulla tutela del risparmio, con specifico riferimento al «diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese»” si legge nel capitolo dedicato alle origini della Consob.

In particolare si ricorda come si fosse entrati “in una crisi finanziaria cagionata dalla sospensione della convertibilità del dollaro in oro, dalla sua svalutazione nel 1971 e dalla crisi petrolifera, a seguito della guerra dello Yom Kippur nel 1973. Questa crisi rendeva evidente la necessità di ricorrere al risparmio privato, previa adozione di adeguati strumenti di tutela, per il finanziamento dei gruppi industriali. Si ricorse, pertanto, all’adozione di un decreto-legge per l’istituzione della CONSOB (d.l. 8 aprile 1974, n. 95)”.

E il libro ricorda più volte come siano state proprio le varie crisi dei mercati e gli scandali finanziari, che si sono succeduti fino ad epoca recente, a spingere verso ulteriori riforme, che, “a loro volta, hanno portato a un rafforzamento delle strutture di vigilanza e quindi della CONSOB come istituzione, sempre più inserita nel quadro regolatorio della UE”.

Fu sempre una crisi, la grande crisi finanziaria del 2008, a mettere in evidenza altre debolezze, “questa volta proprie della struttura europea di vigilanza sul settore finanziario, che rimaneva frammentata entro i confini nazionali, nonostante i notevoli progressi nell’integrazione dei mercati finanziari e l’accresciuta importanza degli enti di carattere transnazionale”.

Uno dei problemi evidenziati dalla crisi finanziaria era che per le imprese piccole e medie (PMI) della UE “l’accesso ai finanziamenti era tipicamente limitato ai prestiti bancari e che l’intendimento della Commissione Europea di creare un mercato europeo dei capitali pienamente integrato era ben lontano dalla realtà” si legge nel libro. “Pertanto, la Commissione, nel 2015, pubblicò un Piano di azione per una Capital Markets Union, che avrebbe dovuto rendere più facile ai fornitori e ai richiedenti di finanziamenti, sotto forma di capitale o di debito, di entrare in contatto l’uno con l’altro in Europa, specialmente in via transfrontaliera, attraverso l’intermediazione di una banca ovvero sul mercato dei capitali o grazie a canali alternativi come il crowdfunding. Ciò avrebbe comportato un incremento dei finanziamenti non bancari e, quindi, diminuito la dipendenza delle PMI dalle banche aumentando la capacità dell’economia europea di resistere agli shock economici”.

Ma dalla CMU si è giunti alla Retail Investment Strategy. Come evidenziato nello stesso libro le iniziative legislative relative all’ultimo decennio (2014-2024) sono diverse e il relativo sviluppo è ancora in divenire. “Gli obiettivi perseguiti dal legislatore orbitano principalmente intorno alla facilitazione dell’accesso al finanziamento di mercato e alternativo, da parte delle PMI e dei risparmiatori privati, anche in termini di semplificazione e razionalizzazione degli oneri informativi esistenti” si legge nel volume. “Recentemente, la Commissione UE ha presentato un piano per la promozione della partecipazione al mercato degli investitori al dettaglio (Retail investment strategy). Circa quest’ultimo aspetto, interessanti sviluppi sono attesi dalla recentissima proposta della Commissione UE, volta a innovare le regole di tutela degli investitori”.

E dopo 50 anni al centro di tutte le riflessioni torna quel “risparmio privato” che ha portato negli anni Settanta alla nascita della Consob. Stiamo attraversando una fase di profonda trasformazione o, per riprendere un termine tanto caro ai media ai tempi del Covid, di policrisi. E l’indicazione del risparmio privato come fonte di finanziamento dell’economia reale diventa sempre più pressante, anche a livello normativo (negli anni ’70 si parlava di grandi gruppi industriali che bussavano alla porta dei privati, oggi di PMI). L’auspicio è che questa corsa ai “privati” non perda di vista i principi contenuti nel tanto citato art. 47 della Costituzione sulla tutela del risparmio (ovviamente una tutela che deve andare ben oltre l’“investimento azionario” e i “grandi complessi industriali” citati dall’articolo stesso della Costituzione”).

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