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10/29/2024 | Jonathan Velo (in foto), avvocato dello Studio Velo
Viviamo in un mondo sempre più tendente a globalizzazione e internazionalizzazione in vari aspetti.
Si pensi, ad esempio nel nostro contesto europeo, alla maggiore facilità di trasferimento per lavoro da un Paese all’altro; una dinamica fino a pochi decenni fa certamente più complessa e laboriosa, anche da un punto di vista amministrativo.
Un’altra ragione fondamentale deriva dal fatto che è sempre crescente il numero di professionisti che parlano l’inglese come seconda lingua, soprattutto nel Nord Europa, e che entrano per la prima volta nel mercato del lavoro. Avere una lingua comune nel mondo del lavoro facilita indubbiamente la mobilità delle persone.
Inoltre, in generale, il numero di iscritti all’università è aumentato esponenzialmente, e in tanti hanno deciso di studiare all’estero per poi rimanerci o scelto un altro Paese rispetto a quello d’origine per iniziare a lavorare, considerando in particolare le diverse condizioni salariali esistenti o i vantaggiosi regimi fiscali particolari, ideati per attrarre o rimpatriare capitale umano.
La tecnologia ha avuto anche un impatto fondamentale nella ricerca di annunci di lavoro che una volta avveniva soltanto su giornali, quasi sempre locali, e nella lingua nazionale, mentre oggi tramite piattaforme come LinkedIn, un individuo ha la possibilità di esplorare offerte generalmente scritte in inglese e situate ovunque.
È chiaro che in questo contesto gli operatori di diversi settori entrano sempre più in competizione, e da questo ne discende l’innovazione e dunque la creazione di nuovi prodotti che possano rispondere alle esigenze attuali. Il mondo bancario ne è un chiaro esempio.
Il mercato finanziario ha voluto aprire a investitori localizzati ovunque la possibilità di investire su mercati cui in passato difficilmente avrebbero avuto accesso e, via via, ha iniziato a generare prodotti dall’architettura sempre più complessa.
Negli ultimi decenni, anche il settore bancario, che per secoli è stato considerato come tradizionale e incentrato su pochi ma basilari servizi, si è evoluto in modo esponenziale.
Si pensi che la banca più antica al mondo ancora esistente è la Banca Monte dei Paschi di Siena (MPS) che risale al 1472, mentre il primo servizio di online banking al mondo è stato creato dalla statunitense Wells Fargo nel 1995.
Si consideri poi la nascita delle cosiddette banche digitali, di cui la prima è stata la BankSimple, fondata solamente nel 2009 e venuta alla luce nel 2012, mentre nel 2024 ne esistono centinaia (se ne stimano almeno 250) e molte di queste permettono di effettuare bonifici istantanei, forex immediato, comprare azioni, criptovalute o materie prime come l’oro in pochi secondi. È evidente quindi che le banche tradizionali abbiano dovuto adattarsi , se non prorpio rinnovarsi.
Ho recentemente incontrato i direttori della succursale svizzera di una prestigiosa banca a livello mondiale. Ne è emersa una riunione molto interessante, in cui è stato annunciato il lancio di un nuovo servizio, attraverso l’investimento economicante più rilevante degli ultimi 15 anni su territorio elvetico, e che tiene conto dell’internazionalità ed esigenze dei clienti.
Una banca, tradizionalmente, concede un’ipoteca solamente in relazione a un immobile sito nel Paese in cui opera la banca stessa, in quanto costituisce certamente una garanzia maggiore.
Tuttavia, mi è stato illustrato che la banca in questione ha appena sviluppato un hub svizzero da cui permette di accendere un’ipoteca anche su immobili siti in alcuni Stati esteri - tra cui Italia, Francia, Spagna, Germania e Olanda - senza che il cliente si debba rivolgere ad una banca locale o la succursale estera della propria banca.
Una vera e propria piattaforma internazionale, da cui è possibile per il cliente ottenere addirittura un finanziamento per la costruzione di nuove imbarcazioni o l’acquisto di un aereo privato.
Un imprenditore italiano, ad esempio, potrebbe rivolgersi a un’unica banca in Svizzera, per ottenere un mutuo per l’acquisto di una casa per le vacanze in Francia, e al contempo farsi finanziare la costruzione di uno yacht, magari da un cantiere olandese, permettendogli di gestire meglio le proprie esigenze di cash flow con la comodità di non dover gestire rapporti bancari in vari Paesi.
Per quanto concerne l’Italia, ad oggi non è permesso a un istituto di credito di concedere un mutuo in relazione a un immobile sito all’estero, in quanto non è possibile iscriverci l’ipoteca. Tuttavia, per un certo tipo di clientela la questione è superabile da parte dell’istituto di credito attraverso la concessione di un finanziamento al cliente, possibilmente chiedendo come garanzia un immobile italiano, anche se tale operazione non è usuale.
Sarà interessante dunque osservare se la possibilità per gli istituti di concedere mutui su immobili siti all’estero possa divenire nel breve o medio termine una realtà diffusa in tutta l’Europa, o se questo rimarrà un servizio di nicchia concesso a clienti facoltosi residenti in Svizzera. È da sottolineare che a oggi nel contesto europeo non esiste alcuna distinzione nel caso si tratti di un immobile sito in un Paese dell’UE o in un Paese terzo, considerando che nell’Unione, teoricamente, a livello di regolamentazione dovrebbe esserci un livello minimo di garanzia reciproca
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