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Private Capital, Cipolletta: “Serve l’Unione dei mercati dei capitali”

9/17/2024 | Daniele Riosa

Il presidente AIFI: “Più andiamo avanti e più assistiamo alla frammentazione del mercato. Abbiamo quindi bisogno di una forte semplificazione e di capitali che vengano investiti”


Anche se il primo semestre del 2024 ha visto una ripresa del private capital in Italia, permangono delle criticità che rendono più difficile una piena ripresa del settore. Criticità, quali la eccessiva complessità delle regole e la mancanza dell’Unione dei mercati dei capitali, sottolineate da Innocenzo Cipolletta (in foto), presidente AIFI, nel corso della Private Capital Conference, in collaborazione con Linklaters e PwC, tenutasi a Milano il 17 settembre. 

Cipolletta sottolinea some sia “importante che anche le istituzioni facciano la loro parte e aiutino questo mercato semplificando moltissimo le regole che abbiamo in Italia e in Europa. Però l’Unione dei mercati dei capitali non è ancora stata fatta, anzi più andiamo avanti e più assistiamo alla frammentazione del mercato. Venendo all’Italia, il numero uno di AIFI, rileva come “il risparmio degli italiani sia indirizzato verso i grandi investitori internazionali, questo va benissimo, ma questi canali alla fine finiscono per non privilegiare un Paese che è fatto in maggioranza di piccole aziende”.

“Il governo - prosegue - è in procinto di lanciare un fondo di fondi con lo scopo primario della quotazione in Borsa, ma se è limitato alla quotazione delle imprese potrebbe risultare molto riduttivo, perché, come abbiamo visto dai dati, finisce per concentrare l'attenzione su un segmento piccolo". Per questo “è fondamentale avere una dimensione di capitali importati e che non prenda capitali di altri investitori istituzionali, perché finirebbe per cannibalizzare il mercato".

Non solo criticità però, visto che, “nel primo semestre del 2024, il settore è in zona positiva con una  raccolta abbastanza consistente rispetto allo stesso periodo del 2023. In questo periodo i grandi deal e i disinvestimenti sono in crescita rispetto allo scorso anno”. 

“Il 2023 - ricorda il manager - è stato un anno di ripiegamento, anche per motivi di carattere generale con tassi s’interesse altissimi, eccessiva inflazione e incertezza sui mercati. Un pausa che nel nostro Paese si è fatta sentire più che in altri. Adesso la situazione si è leggermente invertita con i tassi d’interesse che rimangono alti ma in fase discendente, la stessa inflazione è sotto controllo sia in Italia che in Europa. Non mancano le incertezze. ma il nostro mercato si sta riprendendo: sempre più abbiamo operatori permanenti che consentono alle imprese di avere il tempo di raggiungere certi livelli e obiettivi e assistiamo alla continua crescita di un mercato secondario che permette al capitale di rimanere investito nelle imprese".

"Tuttavia - precisa il presidente di AIFI - possiamo essere soddisfatti del recupero congiunturale ma non del livello della nostra attività che resta ancora relativamente bassa. L’Italia ha 3 milioni e mezzo di imprese, ma quasi il 95% hanno meno di dieci addetti e sono fuori dal nostro mercato. Rimangono 200mila imprese sopra i dieci addetti. Sono imprese forti che però hanno bisogno di crescere, di compiere la transizione energetica e digitale, di raggiungere dimensioni internazionali e di fare agevolmente i passaggi generazionali. Se andiamo a veder queste 2mila imprese, meno di 500 sono quotate in Borsa e meno di 3mila sono nel provate capital, privte debt compreso. Questi numeri ci dicono che abbiamo davanti un terreno vasto e il Paese ha bisogno di queste imprese che possono crescere”.

“Abbiamo letto – conclude Cipolletta - il recente rapporto di Mario Draghi che indica in circa 800 miliardi l’anno d’investimenti pubblici e privati per far crescere la produttività del sistema economico e delle imprese, ed è evidente che il nostro contributo a questo progetto è essenziale”.

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