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6/19/2024 | Marcella Persola
Cresce la previdenza complementare. Così evidenzia la relazione annuale di Covip (Commissione di Vigilanza sui fondi pensione) presentata oggi. A fine 2023, le risorse accumulate in forme pensionistiche complementari si sono attestate a 224,4 miliardi, registrando una crescita del 9,1% rispetto al 2022.
Sul fronte dell'offerta la relazione annuale mostra che i fondi pensione in Italia sono 302 di cui 33 fondi negoziali, 40 fondi aperti, 68 piani individuali pensionistici (PIP) e 161 fondi pensione preesistenti.
Come numero di iscritti a fine 2023, il totale è di 9,6 milioni, in crescita del 3,7% rispetto all’anno precedente. In particolare i fondi negoziali contano 3,9 milioni di iscritti (+5,4% rispetto al 2022), mentre gli iscritti ai fondi aperti sono pari a 1,9 milioni (+5,9%) e quelli ai PIP 3,9 milioni (+1,7%).
Sempre i fondi negoziali detengono il 30,2% del totale delle risorse, mentre quelli aperti il 14,5% e i PIP il 25,3%; il peso dei fondi preesistenti, pari al rimanente 30% del totale, per la prima volta quest’anno non risulta prevalente rispetto a quello dei fondi negoziali.
Per quanto riguarda i versamenti annuali sono in gran parte (32%) concentrati nella fascia tra i 1.000 e i 3.000 euro, ma un’ampia porzione di iscritti (15,8%) ha effettuato versamenti di importo inferiore ai 200 euro. Nella fascia di versamenti tra 4.500 e 5.500 euro, che include il limite di deducibilità fiscale dei contributi, fissato in 5.164,57 euro, è presente l’11,1% degli iscritti versanti.
Sul fronte degli allocazione, gli investimenti dei fondi pensione sono prevalentemente investiti, per il 56% del totale, in obbligazioni governative (il 14,1% sono titoli del debito pubblico italiano) e altri titoli di debito. I titoli di capitale sono pari al 21,4% del totale mentre le quote di OICR al 15,8% del totale. I depositi si attestano al 5%; gli investimenti immobiliari, in forma diretta e indiretta, si attestano all’1,8% del totale.
Nell’insieme, il valore degli investimenti dei fondi pensione nell’economia italiana (titoli di Stato, titoli emessi da soggetti residenti in Italia e immobili) è di 36,6 miliardi di euro, pari al 19,4% del totale a fronte del 20,8% del 2022 (35,5 miliardi di euro). Gli impieghi, invece, in titoli di imprese domestiche rimangono stabili rispetto all’anno precedente (2,4% delle attività). Il totale degli investimenti è di 4,6 miliardi di euro, così ripartito: 2,8 miliardi in obbligazioni e 1,8 miliardi in azioni; gli investimenti domestici detenuti attraverso quote di OICVM si attestano a 1,7 miliardi di euro. Tali valori riflettono anche la peculiare struttura del tessuto industriale italiano e il livello complessivamente limitato della capitalizzazione del mercato finanziario nazionale, elemento strutturale che purtroppo persiste, anche nel confronto con altri Paesi europei.
Per quanto riguarda invece i rendimenti e i costi la relazione Covip mostra come nel 2023 la dinamica positiva dei mercati finanziari si è riflessa sui rendimenti di tutte le tipologie di linee di investimento, recuperando le perdite subìte nell’anno precedente. I risultati migliori si sono osservati nelle linee d’investimento con una maggiore esposizione verso i titoli di capitale. I comparti azionari hanno registrato le performance migliori, con rendimenti nell’anno in media pari al 10,2% nei fondi negoziali, all’11,3% nei fondi aperti e all’11,5% nei PIP; nei comparti bilanciati i guadagni sono stati inferiori.
Anche i comparti obbligazionari hanno registrato nell’anno rendimenti positivi: gli obbligazionari misti hanno ottenuto il 7,2% nei fondi negoziali e il 4,4% nei fondi aperti; risultati positivi, ma inferiori, si sono registrati in media anche nei comparti obbligazionari puri e in quelli garantiti.
Facendo una valutazione su un periodo di osservazione decennale (da fine 2013 a fine 2023), i rendimenti medi annui composti delle linee a maggiore contenuto azionario si collocano, per tutte le tipologie di forme pensionistiche, tra il 4,2 e il 4,5%, superiori al rendimento medio delle linee obbligazionarie e anche al tasso di rivalutazione del TFR (pari al 2,4% nel decennio). Le linee bilanciate mostrano rendimenti medi che vanno dall’1,9% dei PIP di tipo unit linked al 2,7% dei fondi negoziali e al 2,9% dei fondi aperti.
Alle differenze di rendimento tra le forme contribuiscono, oltre all’asset allocation adottata, i divari nei livelli di costo. Per i fondi pensione negoziali, su un orizzonte temporale di dieci anni, l’Indicatore Sintetico dei Costi (ISC) è pari allo 0,5%; per i fondi pensione aperti, esso è dell’1,35% e per i PIP del 2,17%.
Per le forme negoziali, il livello più contenuto dei costi dipende anche dalla dimensione dei fondi per effetto delle economie di scala generate dalla ripartizione degli oneri amministrativi. Per le forme di mercato, invece, incide presumibilmente la remunerazione delle reti di vendita.
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