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11/9/2022 | Redazione Advisor
“Tempi difficili davanti a noi: come investire nei nuovi anni Venti? Riusciranno Powell e Lagarde a domare l’inflazione? Quando terminerà la fase di rialzo dei tassi? Sono le domane da cui parte l’analisi degli esperti di Plenisfer Investments SGR, nel loro outlook per il 2023.
“A nostro avviso - argomentano gli esperti - queste domande alimentano il dibattito, ma non mettono a fuoco il cuore della questione per i mercati. Nonostante gli interventi di politica monetaria fin qui annunciati, i tassi reali oggi sono ancora negativi. E se è vero che la storia non si ripete mai allo stesso modo, è anche vero che dal passato possiamo trarre qualche indicazione utile per ipotizzare scenari futuri. Il presidente della FED Paul Volcker impiegò 7 anni per portare l’inflazione dal 13,6% del 1980 al 3,7% del 1987. Il suo intervento seguiva quelli dei suoi predecessori che, a partire dalla fine degli anni ‘60, avviarono fasi di rialzo dei tassi per contrastare l’inflazione e si fermarono, troppo presto, di fronte ai primi segnali di rallentamento economico. Puntualmente l’inflazione, che tipicamente si muove ad ondate e non in modo lineare, ripartì”.
La domanda da porsi oggi è quindi: “In quale fase della lotta all’inflazione ci troviamo? Powell e Lagarde saranno altrettanto coraggiosi e fortunati di Volcker o seguiranno le orme dei suoi predecessori, fermandosi troppo presto? Prima di formulare ipotesi, è bene ricordare che il diverso contest, economico, politico e sociale di oggi, potrebbe rendere la nuova sfida dei banchieri centrali più complessa di allora. Non solo. Oggi affrontiamo una fase di transizione e riorganizzazione delle strutture economiche in presenza di molti fattori inflazionistici strutturali. Inoltre, il livello del debito pubblico odierno è più elevato, così come lo sono le valutazioni di borsa, anche dopo le correzioni del 2022. Le conseguenze sui mercati della lotta all’inflazione: la put della FED sull’equity è morta, quella sui bond è viva e vegeta!”.
“La nuova lotta all’inflazione - spiegano - ha posto fine a 20 anni di tassi di interesse troppo bassi e di politiche monetarie espansive e non convenzionali. La fine di questa epoca comporta anche la fine dell’era della “put della FED” sui mercati azionari, cioè dell’era in cui gli investitori potevano contare sul taglio dei tassi di interesse a supporto della ripartenza dei mercati in fasi particolarmente critiche. Un’era che, per molti investitori che ne hanno beneficiato per vent’anni, ha rappresentato la normalità piuttosto che l’anomalia. D’altra parte, la “put della FED” sull’obbligazionario è ancora oggi in vigore poiché l’acquisto di bond governativi da parte delle banche centrali resta elemento essenziale per la trasmissione della politica monetaria. Infatti, la Banca Centrale del Giappone prosegue negli acquisti da 16 anni, la Bank of England ha dovuto recentemente agire tempestivamente per contrastare la reazione negativa dei mercati seguita all’annuncio di nuove politiche fiscali, la Banca Centrale Europea sta ancora acquistando bond governativi”.
In assenza di crescita economica, “l’unica strada per mantenere entro livelli accettabili il costo di un debito pubblico in aumento, è la repressione finanziaria, cioè il mantenimento di tassi reali negativi: ecco perché ci aspettiamo che i tassi di interesse, seppure in aumento, restino inferiori a quelli dell’inflazione. In conclusione, nonostante gli acquisti delle banche centrali creino un floor al prezzo dei bond, ci aspettiamo che questi continueranno ad avere rendimenti reali negative”.
Guardando nel dettaglio all’Europa, “la BCE sta seguendo le orme della FED e agendo come se l’inflazione fosse generata non dall’offerta, ma dalla domanda, come accade negli USA, con il rischio concreto di distruzione di quest’ultima. Ci aspettiamo, quindi, un probabile aumento del rischio di instabilità finanziaria in Europa e di ampliamento degli spread dei Paesi periferici, con l’Italia, e il suo indebitamento, quale ‘osservata speciale’”.
Strategia per gli anni ’20: dalla stagnazione secolare alla stagflazione secolare: “La decade che stiamo attraversando sarà, quindi, a nostro avviso, caratterizzata da una nuova era per i mercati e gli investitori dovranno affrontarla anche alla luce di un diverso contesto macroeconomico. Ci aspettiamo che l’inflazione perduri in uno scenario di rallentamento economico e il contesto possa essere, quindi, di stagflazione. Si dovrà essere pronti all’eventualità che l’inflazione, inizialmente in calo per effetto delle nuove politiche monetarie, si ripresenti a ondate prima di essere definitivamente domata. L’avvio prematuro della fase di “pivot” da parte delle banche centrali potrebbe essere molto doloroso per i mercati, come già accaduto anche nel recente passato Se, quindi, come noi ipotizziamo, siamo ancora nella prima fase di lotta all’inflazione durante la quale le banche centrali potrebbero fermare il ciclo di rialzo dei tassi troppo presto, allora abbiamo di fronte anni complicati per i mercati”.
Come investire in questa nuova era? “Immaginiamo nuovamente il parallelo con gli anni ‘70 da cui siamo partiti per questa riflessione. Durante la lotta all’inflazione avviata nel 1966 e conclusa nel 1982, il mercato azionario statunitense ha mantenuto invariato il proprio valore: in uno scenario inflattivo, tale andamento ha comportato per gli investitori perdite reali. Non per tutti però. Anche in quella fase, si sono registrati singoli movimenti rialzisti a doppia cifra, di cui ha beneficiato chi ha saputo individuarli. Per investire nella nuova era, pensiamo sarà, quindi, fondamentale cogliere con flessibilità le singole opportunità connesse alle specifiche fasi rialziste che potranno manifestarsi. Nel nuovo contesto caratterizzato da un diverso regime macroeconomico, siamo convinti che ci sarà un ‘cambio di leadership’ nei settori e titoli su cui puntare negli anni ’20, che saranno quindi diversi rispetto a quelli che hanno funzionato negli ultimi due decenni. Tra i nuovi ‘leader’ ci aspettiamo possano esserci le materie prime, l’energia, le azioni ‘value’, soprattutto europee, e gli industriali. Ci aspettiamo, in particolare, che il testimone di leadership nel tech possa passare alle aziende in grado di abilitare le grandi transizioni verso la sostenibilità energetica e l’efficienza produttiva. Riteniamo, invece, che potranno essere meno attrattivi i bond governativi, il Big Tech che ha sostenuto il bull market appena terminato, l’azionario statunitense e le azioni ‘growth’”.
Anche la Cina “ha smesso di essere un’opportunità di tipo ‘macro’ poiché la ‘crescita ad ogni costo’ non è più la priorità del Paese. Tuttavia, la Cina potrà continuare ad offrire interessanti opportunità di stock picking nei settori che beneficeranno dell’agenda politica focalizzata oggi sulla creazione di una società più equa con un migliore benessere sociale”.
Guardando più nel dettaglio al prossimo anno, i manger ritengono che “i mercati possano essere guidati dallo ‘shock recessione’, a seguito del quale potremmo assistere a una fase di rimbalzo per i mercati che potrebbe, tuttavia, essere solo temporanea. L’avvio di tale fase dipenderà dall’andamento congiunto di 4 indicatori: l’inflazione, i tassi di interesse, il dollaro e i bond. A un certo punto i dati di inflazione dovrebbero registrare una fase di discesa, a seguito dell’azione delle banche centrali, e i mercati potrebbero interpretare quella congiuntura come la fine della fase della lotta all’inflazione e reagire positivamente. La ripartenza, come sempre, si manifesterà sul credito che inizia già a mostrare valutazioni più interessanti rispetto allo scorso anno. D’altra parte, se il rallentamento economico necessario a un tale esito si rivelasse una recessione di entità maggiore del previsto, questo potrebbe indurre le banche centrali a tornare sui propri passi e riprendere le politiche espansive precedenti. E saremmo daccapo. Senza contare i potenziali rischi di qualche “incidente” finanziario di percorso, in caso di recessione accentuata. Insomma, la guardia deve restare alta”.
“Ci saranno comunque opportunità da cogliere, adottando un approccio molto flessibile, sia a livello settoriale che geografico. In particolare, potrebbero esserci opportunità negli Emerging Markets, sia sul fronte obbligazionario che azionario, nel credito Distressed, nelle Small Cap e nel settore industriale. A nostro avviso, resteranno ancora troppo incerte le prospettive di specifici settori come il real estate e il tech tradizionale, sensibili al rialzo dei tassi”, conclude il team di Plenisfer Investments SGR.
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