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12/27/2024 | Paola Sacerdote
Il mercato azionario cinese è oggi al centro di un interessante paradosso. Nonostante il peso economico della Cina a livello globale, che rappresenta circa il 20% del PIL mondiale, il suo mercato azionario costituisce solo il 3% dell'indice Morgan Stanley World. Questo riflette una sottovalutazione significativa, acuita dalla crisi del settore immobiliare e dalla debolezza dei consumi interni. A ciò si aggiungono le tensioni geopolitiche e una storica volatilità dovuta alle politiche di intervento del governo cinese. Tuttavia, secondo il Market Outlook sul primo semestre 2025 di Banor, ci sono buoni motivi per un posizionamento, seppure moderato, su questa asset class.
“In questi anni il governo cinese ha penalizzato diverse volte l’investimento azionario, intervenendo improvvisamente su alcuni settori e causando perdite significative agli investitori” spiegano gli esperti. “Per questo motivo e per le tensioni geopolitiche globali con la Cina, che supporta indirettamente la Russia e continua a minacciare Taiwan, gli investitori globali sono molto cauti ad investire sul mercato azionario del gigante asiatico. Nonostante questo, le aziende cinesi sono sempre più competitive sia sul mercato interno, sia sui mercati esteri, con le esportazioni verso i Paesi Emergenti che hanno ormai superato quelle verso l’Occidente”.
Il governo cinese ha dato vari segnali negli ultimi mesi di voler sostenere il mercato azionario e la domanda interna: secondo gli analisti di Banor è molto probabile che nel corso del prossimo anno la Cina aumenti le misure di stimolo all’economia, soprattutto se i dazi USA dovessero frenare le esportazioni. “Riteniamo che nel prossimo decennio la Cina riuscirà ad imporre in molti Paesi, soprattutto in Asia, Africa ed America Latina, la sua valuta come alternativa al dollaro USA, colmando un importante svantaggio competitivo verso gli USA. La Cina sta dunque tenendo molto stabile il cambio del renminbi per non aumentare eccessivamente il debito pubblico, che tra l’altro è molto sostenibile grazie a tassi d’interesse a dieci anni in area 2% rispetto al 4,3% degli Stati Uniti”.
Per questo motivo, concludono da Banor, “riteniamo che una posizione, seppur moderata, sul mercato azionario cinese sia da costruire in un’ottica di medio termine”.
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