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8/26/2020 | Redazione Advisor
Dopo aver oscillato nell’ultimo biennio in un range ristretto, il cambio euro/dollaro è passato dai livelli di circa 1,08 a inizio maggio a quelli attuali poco sotto 1,20. Si tratta di un movimento molto ampio e significativo nell’arco di pochi mesi. Secondo Peter Kinsella, global head of forex strategy di Union Bancaire Privée (UBP) il dollaro è destinato a deprezzarsi ancora, e per molteplici motivazioni: la compressione del differenziale dei tassi d'interesse, le valutazioni sotto pressione, il calo scioccante del tasso di risparmio statunitense e la riduzione del sostegno governativo USA alle istituzioni economiche multilaterali.
In primo luogo, “i tassi di interesse a lungo termine statunitensi hanno continuato a scendere. I rendimenti dei titoli decennali USA si attestano intorno allo 0,6% e se la FED annuncerà una politica di controllo della curva dei rendimenti nelle prossime settimane, prevediamo che i rendimenti obbligazionari ultra-lunghi si contrarranno. Gli investitori potrebbero essere meno incentivati ad acquistare dollari in futuro, visti i rendimenti reali negativi (aggiustati per l’inflazione). Poiché la Fed ha promesso di mantenere bassi i tassi di interesse per un periodo di tempo prolungato, ci vorranno almeno cinque anni prima che decida di aumentare i tassi a livelli anche solo vicini all'1%”. La conclusione è che il dollaro USA non mostrerà a breve un vantaggio interessante in termini di tasso d'interesse.
In secondo luogo, prosegue Kinsella, nonostante il dollaro sia attualmente debole, continua a scambiare a livelli elevati. “I tassi di cambio ponderati per il commercio e i tassi di cambio effettivi reali sono scambiati ai massimi pluriennali, il che dimostra che il dollaro USA è ancora costoso, con una sopravvalutazione del 15% in base alla maggior parte delle metriche di valutazione tradizionali. Di solito, il biglietto verde non passa dall’essere costoso a valutazioni eque. Piuttosto, tende all’overshooting e poi a muoversi verso valutazioni più economiche”.
Il terzo elemento riguarda il tasso di risparmio USA. “Già prima della pandemia, il tasso di risparmio nazionale netto era notevolmente peggiorato, a causa degli enormi disavanzi di bilancio dell'amministrazione Trump. Il tasso di risparmio delle famiglie è aumentato drasticamente negli ultimi mesi, ma è probabile che diminuisca rapidamente in assenza di una robusta crescita economica. I deficit di bilancio degli Stati Uniti rimarranno probabilmente a livelli incredibilmente elevati nei prossimi anni e questo porterà molto probabilmente a un ampliamento del disavanzo delle partite correnti negli Stati Uniti. Un deficit delle partite correnti significa che un paese deve importare capitali dall'estero e un modo per farlo in modo più efficace è quello di indebolire la valuta in modo significativo, in modo che gli investitori credano di ottenere beni a prezzi economici”. Al contrario, l’eurozona ha un enorme surplus di partite correnti, e questo offre un supporto fondamentale all’euro.
Infine, sotto l'amministrazione Trump, gli Stati Uniti hanno costantemente ritirato il sostegno a molte delle istituzioni multilaterali del mondo. In un certo senso, stiamo assistendo alla fine dell'eccezionalità americana, che ha permesso alla moneta di un paese di rappresentare oltre il 65% delle riserve valutarie globali e di avere un ruolo incredibilmente sovradimensionato nel commercio globale. Ciò non è di buon auspicio per il dollaro nel lungo periodo. Questo potrebbe cambiare sotto la presidenza di Biden, ma anche in questo caso bisognerà attendere.
In conclusione, Kinsella ritene del tutto possibile un indebolimento del biglietto verde di circa il 30%, che porterebbe comodamente il cambio euro/dollaro sopra 1,50. “La BCE non sarebbe entusiasta, ma non è del tutto chiaro se possa fare qualcosa” conclude.
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