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9/24/2018 | Greta Bisello
La selezione e la selettività, in un momento come quello attuale, diventano elementi fondamentali di cui si avvale il quantitative management; su cosa si basa la strategia e come viene messo in pratica concretamente, ne abbiamo discusso con Carsten Grosse-Knetter (nella foto), global head of quantitative equities di ODDO BHF Asset Management GmbH.
Parlando di Quantitative Management, qual è il settore in cui il QE ha più successo?
Le strategie quantitative possono essere utilizzate in molti settori della gestione patrimoniale, ad esempio nell’asset allocation o nel fixed income. Noi applichiamo una strategia quantitativa alla selezione di azioni. Questo significa che utilizziamo un modello quantitativo disciplinato per selezionare titoli azionari da un universo di investimento ampio per costruire un portafoglio equity interamente investito che offre una performance superiore a quella del mercato azionario.
La cosa più importante in questo senso è la qualità nelle società che analizzate e nelle scelte fatte?
Stiamo utilizzando un modello multi-fattoriale. Ciò vuol dire che selezioniamo azioni attraverso cinque fattori (o stili d'investimento) : Valuation, Momentum, Revisions, Growth e Low Risk. La maggior parte dei fattori e indicatori fondamentali si basano sugli utili aziendali e sulle previsioni degli analisti per questi ultimi . Alcuni altri fattori si basano sull’andamento storico dei prezzi. Per sviluppare e portare avanti un modello di questo tipo, la qualità dei dati è decisamente essenziale.
Quanto spesso rivedete le vostre strategie?
Abbiamo “debuttato” con la nostra strategia quantitativa nel 2004. Da allora la rivediamo a scadenze di qualche anno, per migliorarla, per implementarla con nuove idee, cercando di sfruttare gli anni supplementari di nuovi dati. Quindi, attualmente la nostra strategia non è certo esattamente la stessa di inizio 2004, ma l'idea di base di “selezione equity multi-fattoriale” è rimasta invariata.
Gli ESG da una parte e i mercati emergenti dall'altra rappresentano un rischio?
Per il momento ci stiamo concentrando sui mercati europei e su quelli sviluppati a livello globale. I nostri prodotti sui mercati emergenti sono ancora in fase di preparazione.
La ragione per cui non abbiamo iniziato direttamente nel 2004 ad analizzare i mercati emergenti è che a quel tempo non disponevamo di dati affidabili e precisi sul settore: questi mercati erano troppo giovani, con alle spalle una storia azionaria troppo breve. Ma ora c'è una buona qualità di dati, sufficiente per sviluppare un modello quantitativo di selezione azionaria anche sui mercati emergenti.
Per quanto riguarda l’ESG, al momento non considero questo un fattore per la generazione di alfa, ma più un regolamento per gli investitori. Ma è comunque possibile includere questi parametri nell'analisi.
Qual è l'elemento più rischioso da considerare nella strategia di gestione quantitativa?
A volte ci sono periodi in cui il nostro modello temporaneamente sottoperforma il mercato, ad esempio dopo gli annunci del Presidente della BCE Draghi o alcune dichiarazioni o tweet del Presidente americano Trump. In queste fasi, i mercati non guardano infatti alle imprese ma sono guidati da dati macroeconomici, che non sono buoni per stock pickers come noi. In genere, comunque, il nostro modello recupera velocemente dopo queste fasi, quando il mercato torna ad un regime di stock picking.
Notiamo che i modelli multi-fattoriali stanno diventando sempre più popolari, cosa che non è certamente senza rischio, in quanto ci può essere pericolo di sovraffollamento. Ma finora noi non l’abbiamo riscontrato: diversi modelli quantitativi non si comportano infatti tutti alla stessa maniera e non investono tutti nelle stesse azioni.
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