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11/8/2021 | Redazione Advisor
Esg fa rima con risparmio. Da un'analisi condotta da EY per Plus24, emerge che il fondo comune con rating Esg batte quello che non lo è sul fronte dei costi mentre su quello delle performance lo stacco è inferiore. In un contesto in cui c'è una crescente diffusione di prodotti Esg in risposta a un maggior interesse dei clienti a investire in prodotti con impatto sulle questioni ambientali, sociali e di governance, l'Europa è in testa, grazie ad una più ampia selezione di aziende Esg, rispetto ai Paesi emergenti dove invece la selezione di aziende è più esigua e gli stessi governi perseguono politiche diverse da quelle concordate nel Vecchio Continente.
Dunque, questo si riflette su un'offerta più limitata. Nell’analisi effettuata da EY per l’inserto del quotidiano di Confindustria, sono stati messi a confronto fondi Esg e non Esg, rientranti nella stessa categoria (European Equity e Emerging Market Equity) di nove dei principali asset manager europei, distribuiti in Italia, Francia, Svizzera, Olanda, Germania e nei Paesi nordici. La maggioranza dei prodotti analizzati rientrano nella categoria dell'articolo 8 e solo uno in quella dell'articolo 9 della normativa Sfdr. La ricerca mostra che i principali asset manager europei adottano per i fondi azionari europei, strategie Esg (i165% dei fondi analizzati vi ricorre) mentre per quelli Emerging Market si privilegia una scelta non vincolata e solo il 37% dei fondi persegue una strategia Esg.
Nonostante l'ipotesi di maggiori costi di mantenimento dei fondi Esg articolo 8 e articolo 9, dovuti ai numerosi requisiti normativi che questi fondi devono soddisfare, analizzando i duster dei fondi azionari europei ed Emerging Market, emerge che sia le spese correnti sia le commissione di gestione sono inferiori per i fondi Esg rispetto a quelli non-Esg.
"Nonostante i numerosi requisiti normativi sottostanti i fondi ESG e i costi crescenti di compliance che gli asset manager devono sostenere, dalla nostra ricerca emerge come sia le spese correnti sia le commissioni di gestione di tali fondi risultano inferiori a quelle dei fondi non-ESG. Questo dato può avere diverse motivazioni: da un lato gli asset manager ritengono che gli investitori si orienteranno in misura sempre maggiore sui fondi ESG, che diventeranno la loro scelta abituale definendo un prezzo basato sul valore percepito dagli investitori piuttosto che su un TCO (Total Cost of Ownership) degli stessi; dall’altro sembra emergere una stretta correlazione tra gli obiettivi di sostenibilità dei prodotti e la sostenuta richiesta di trasparenza proveniente dal mercato su valore e costi sostenuti, il Value-for-money” – commenta Giovanni Andrea Incarnato, Italy wealth & asset management leader di EY.
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