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12/11/2024 | Daniele Riosa
“Questa ricerca è un punto di partenza, non un punto di arrivo. È necessario iniziare a parlare di alterità e non più di diversità, valorizzando finalmente tutti gli sforzi per creare una dimensione di genere dove le prospettive siano molteplici e tra di loro complementari. Con questa indagine abbiamo voluto dare un contributo distintivo rispetto ai contenuti, per immaginare questo processo come un continuum non fine a se stesso, ma come un esempio e un punto di riferimento per andare al di là dei pregiudizi”. Così il presidente Anasf Luigi Conte ha commentato la ricerca ‘Consulenza finanziaria, genere e pari opportunità’, realizzata da Letizia Mencarini, professoressa ordinaria di demografia dell’Università Bocconi, e Paola Profeta, prorettrice all’Università Bocconi e professoressa ordinaria di scienza delle finanze, cofinanziata da Anasf e J.P. Morgan Asset Management.
Susanna Cerini e Alma Foti, co-responsabili della Commissione Il Valore delle Pari Opportunità dell’XI legislatura dell’Associazione, hanno ripercorso le tappe e i traguardi che hanno portato all’elaborazione dell’indagine, a partire dal primo webinar Anasf dedicato all’empowerment femminile fino alla fondazione del marchio “Consulenza, sostantivo femminile” attraverso i diversi incontri sul territorio dedicati alla parità di genere nel mondo finanziario.
Andrea Aurilia, country head per l’Italia di J.P. Morgan A.M, ha sottolineato che “per J.P. Morgan A.M. la parità di genere nel mondo finanziario è una priorità strategica ormai da anni. Su un tema così importante è necessario continuare a fare rumore e analizzare le evidenze dal punto di vista accademico, che è un supporto indispensabile. Con Anasf abbiamo una relazione storica, e dallo scorso anno, in occasione del decennale della collaborazione dedicata alla formazione dei neo-consulenti finanziari, abbiamo deciso di dare un supporto concreto alle giovani professioniste destinando la Borsa di studio intitolata ad Aldo Vittorio Varenna esclusivamente a loro”.
I principali risultati dello studio ‘Consulenza finanziaria, genere e pari opportunità
La ricerca, condotta su un campione di 830 consulenti finanziari di cui 585 uomini e 245 donne, ha avuto come scopo l’identificazione degli ostacoli, i fattori demografici, familiari e lavorativi, le motivazioni e le attitudini che portano le donne ad essere ancora sottorappresentate nella categoria professionale dei consulenti finanziari. Una prima osservazione evidenziata dalle ricercatrici è la netta differenza, tra uomini e donne, in termini di distribuzione tra fasce di reddito. Il breadwinner della propria famiglia è molto spesso un uomo (l’87,1% degli uomini contro il 46,9% delle donne). Un’ulteriore disparità all’interno del nucleo familiare si evidenzia in relazione al congedo parentale: il 90% circa dei professionisti non ha usufruito di alcun congedo per la nascita dell’ultimo figlio, mentre lo ha richiesto il 50% circa delle professioniste.
Relativamente agli aspetti di conciliazione tra vita personale e impegno lavorativo, è emerso che le donne hanno una maggiore difficoltà a concentrarsi sulle attività che riguardano la propria occupazione a causa delle responsabilità familiari di cui si fanno carico. A livello di soddisfazione personale e professionale del campione, inoltre, gli uomini sono mediamente più soddisfatti della propria vita (una valutazione di 8.1 per il genere maschile rispetto a 7.9 del genere femminile su una scala da 1 a 10) e sono più realizzati professionalmente (un punteggio medio maschile di 8.1 rispetto a quello femminile di 7.7). Questi dati dimostrano come, per le donne, sia la soddisfazione lavorativa che quella della vita personale diminuiscono con l’aumento della stanchezza e dei conflitti tra lavoro e vita privata, ma aumentano al crescere del reddito personale.
L’indagine ha analizzato inoltre le prospettive medie, per i prossimi tre anni, in relazione alle aspirazioni di vita personale e lavorativa del campione, evidenziando come sia gli uomini che le donne ritengano mediamente probabile una progressione della carriera – in misura maggiore laddove non siano presenti figli nel nucleo familiare – mentre entrambi i generi credono sia poco probabile cambiare lavoro e avere dei figli. Per quanto riguarda l’aspettativa di cambiare lavoro non emergono significative differenze né di genere né tra i gruppi, con e senza figli.
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