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Cervellin (GAM): Lusso, i 5 trend per investire

6/12/2024 | Paola Sacerdote

La casa di gestione vanta nel comparto lo storico fondo azionario tematico Luxury Brands Equity, guidato da ottobre da Flavio Cereda


Negli ultimi vent’anni il settore del lusso ha dimostrato un grado di resilienza superiore a qualsiasi altro spazio nell’ambito “consumer” e la tensione a crescere continuerà ad essere una caratteristica distintiva del comparto rispetto agli altri segmenti del consumo. 

In questa intervista con ADVISOR Riccardo Cervellin (in foto), amministratore delegato e direttore generale di GAM (Italia) SGR, illustra le prospettive e le opportunità di investimento nel settore.

Innanzitutto, esordisce, “il mercato del lusso è trainato da un fattore che si può definire “antropologico”: l’eterno e ubiquo bisogno dell’individuo di manifestare il proprio status. Nonostante nel corso della storia si siano susseguiti filosofi, politici e religiosi che hanno osteggiato e contrastato il lusso e lo sfarzo, la natura umana ha avuto il sopravvento”.

Posta questa premessa, secondo Cervellin ci sono almeno cinque macro-tendenze che caratterizzeranno il settore del lusso nei prossimi anni. 

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Il primo tema attiene alle dinamiche nei mercati emergenti. “Ogni secondo cinque nuovi individui entrano a far parte della classe media, il che implica che ogni secondo cinque persone possono iniziare a investire nei brand del lusso. Questo vale in particolare nei mercati asiatici e nello specifico in Cina, che negli ultimi quattro anni ha raddoppiato la propria quota nel settore luxury. Secondo una statistica, nel 2010 i cinesi con un reddito disponibile superiore a 35.000 dollari era solo il 2% della popolazione; nel 2021 tale percentuale era salita al 13% e si stima che nel 2030 raggiungerà il 32%”.

Un secondo tema attiene alla rivoluzione digitale, alla quale il Covid ha dato un ulteriore impulso. “Oggi le grandi maison del lusso gareggiano nel creare sofisticate esperienze online che rispecchino la raffinatezza e l’esclusività tradizionalmente associate al loro marchio. Siti web di grande impatto, eventi virtuali coinvolgenti, simulazioni di acquisto, sono tutte occasioni per coinvolgere, avvicinare e fidelizzare potenziali clienti al di fuori degli spazi fisici di vendita”.

Un terzo elemento da tenere in considerazione è la rivoluzione demografica: “Ad affermarsi come grandi consumatori di beni di lusso saranno presto i Millennial e Generazione Z, e le case si stanno attrezzando per servire e fidelizzare questi segmenti di clientela più giovane, attraverso la presenza sulle piattaforme digitali, come evidenziato sopra, o con la semplificazione degli acquisti e dei pagamenti online. Inoltre, per catturare l’attenzione e coinvolgere le nuove generazioni, i brand del lusso hanno ampliato il loro raggio d’azione a settori attigui, che in GAM abbiamo raggruppato sotto l’acronimo MEDALS (Music, Entertainment, Digital, Arts, Lifestyle, Sports)”.

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Un ulteriore trend che sta rimodellando e rivoluzionando il settore del lusso è la sostenibilità. “I brand stanno mettendo una enfasi sempre maggiore sul consumo responsabile” evidenzia Cervellin. “Una tendenza destinata a restare e che comporta l’adozione di pratiche eco-compatibili, dall’approvvigionamento dei materiali alla riduzione delle emissioni di carbonio, ma anche la maggiore attenzione al welfare aziendale e a sane relazioni con le maestranze. I consumatori, soprattutto i più giovani, cercano marchi che si allineino ai loro valori, e stanno spingendo l’industria del lusso a dare priorità agli aspetti ESG. Per fidelizzare i consumatori Millennial e Gen Z questa tendenza deve essere irreversibile, non c’è spazio per il greenwashing”.

Infine, l’ultimo fenomeno da menzionare, ma non meno importante degli altri, è la polarizzazione. “Abbiamo classificato il settore in quella che chiamiamo la “piramide del lusso”: al vertice ci sono i marchi Absolute, come Hermes, Ferrari, Chanel, e scendendo troviamo gli High End, ovvero i marchi di fascia alta, come Ferragamo, Rolex, Dolce e Gabbana, poi gli Aspirational come Moncler e Tod’s, e alla base della piramide si posizionano i brand Accessible, come ad esempio Michael Kors e Samsonite, che si possono considerare l’entry point per il mercato del lusso”. Più alta è la categoria, migliore è la qualità, il margine, la domanda e la fedeltà. E in questo trend di polarizzazione i brand al vertice della piramide continuano a guadagnare quote di mercato.

In tale contesto come cogliere le opportunità specifiche associate agli investimenti nel lusso? GAM ha una lunga tradizione di investimenti nel settore con il fondo Luxury Brands Equity, e dallo scorso ottobre a gestire la strategia è Flavio Cereda (in foto sotto), manager con oltre 30 anni di esperienza di investimento nel settore del lusso. Cereda ha una profonda conoscenza dei brand, della filiera produttiva, dei distributori e dei rivenditori in tutti i mercati e ha inoltre lavorato a 12 IPO del settore, tra cui Moncler, Brunello Cucinelli, MyTheresa e Ferragamo.  Il processo di costruzione del portafoglio del fondo è rigorosamente bottom-up, e senza vincoli di benchmark. 

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“La nostra gestione attiva punta a selezionare i migliori brand di lusso che potranno più di altri beneficiare della continua evoluzione del settore” puntualizza Cervellin. “Il consumatore luxury è posto al centro e si cerca di capire i brand con cui questi entra in contatto e quali offrono maggior fidelizzazione; quindi, a livello di investimento vengono selezionati i marchi che garantiscono una maggior sostenibilità di margini, pricing power e possibilità di espandere quote di mercato”.

A livello geografico il portafoglio del comparto si concentra sui Paesi sviluppati, dove si trova il maggior numero di brand di lusso, in primis Europa (in particolare Francia e Italia) e a seguire America. 

Per quanto riguarda i singoli titoli invece “privilegiamo i migliori brand che si trovano nella parte alta della piramide del lusso (Absolute), come Hermes, Ferrari, Brunello Cucinelli, e quei titoli High-end o Aspirational ma con business model solidi e che riescono a mantenere pricing power ed espandere la propria quota di mercato, ad esempio Moncler e L’Oreal. Mettiamo poi al centro il consumatore Luxury e andiamo a selezionare i brand che secondo noi riescono a fidelizzare questo tipo di consumatore (non solo Fashion and Jewellery ma anche Spirits, Hotels,….), come ad esempio Mariott”.

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Alla luce di tutto questo, quale può essere il ruolo di un investimento nel settore del lusso all’interno dell’asset allocation di un investitore? 

In primis, spiega Cervellin, “il lusso resta un efficiente diversificatore del portafoglio e, nonostante la ritrovata attrazione verso le obbligazioni, il valore dell’investimento azionario nel lungo periodo resta indiscutibile. Può essere utilizzato per diversificare la componente azionaria internazionale dei nostri portafogli sia a livello settoriale che geografico”. 

Inoltre, il comparto può essere utilizzato come proxy dei mercati emergenti, perché come abbiamo visto “la crescita del settore è legata prevalentemente alla crescita di consumi luxury in regioni quali Asia e Cina, e posizionarsi nel lusso consente di puntare su questi mercati investendo però in società prevalentemente europee ed americane”.
Cervellin sottolinea che gli investimenti tematici, sorretti da tendenze pluridecennali, sono tra gli strumenti più efficienti per diversificare i portafogli e per una pedagogia al lungo periodo dei risparmiatori. 

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“La storia ha dato ragione a chi ha già scommesso sul settore dei consumi di alta gamma. Tra il 1996 e il 2022 il settore è cresciuto al tasso composto annuo del 6%, molto di più del tasso di crescita del PIL mondiale nello stesso periodo, attorno al 3%. Nel 2023 il settore del lusso è cresciuto tra il 9% e l’10% su base annua, le vendite globali sono tornate ai livelli di pre-pandemia e le prospettive rimangono positive, sia pure con tassi di crescita più lenti”. E guardando al futuro il mercato dei beni di lusso personali è atteso in ulteriore espansione: si stima che dai 345 miliardi di euro del 2022, il suo valore supererà i 500 miliardi di euro entro il 2030.

Da ultimo, ma non meno importante, Cervellin fa notare che il settore del lusso ha caratteristiche di resistenza alle fasi più deboli della congiuntura: “I marchi di fascia media, quelli del lusso accessibile o “affordable luxury”, sono molto più esposti all’andamento del ciclo economico rispetto ai marchi di fascia alta” sottolinea Cervellin. “I primi sono vulnerabili alla mutevolezza della fiducia dei consumatori, i secondi si rivolgono al segmento dei consumatori in grado di spendere “somme spudorate”, per dirla con un celebre commesso di Rodeo Drive”.

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