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10/8/2024 | Marcella Persola
Le linee guida sulla denominazione dei fondi mettono a rischio la crescita del settore dei green bond aziendali, è questo il monito lanciato da EFAMA, l’associazione europea degli asset manager che chiede che si intervenga urgentemente con un chiarimento per consentire di non limitare gli investimenti sostenibili dell'UE
“L'UE è stata all'avanguardia nell'emissione di green bond, dimostrando una forte crescita e un forte impegno verso la finanza sostenibile. Tuttavia, le nuove linee guida dell'ESMA sulla denominazione dei fondi creano incongruenze con altre normative sulla finanza sostenibile, come l'EU Green Bond Standard, che potrebbero ostacolare la crescita del settore dei green bond societari” si legge nel paper a firma dell’associazione.
In particolare sul fronte normativo EFAMA evidenzia un’incoerenza normativa dettata dal fatto che le interpretazioni e i chiarimenti attuali della normativa sulla finanza sostenibile in merito all'utilizzo degli strumenti di raccolta si concentrano sul progetto finanziato e non sulle attività più ampie della società emittente. Ad esempio, il Green Bond Standard dell'UE (EU GBS) non limita l'ammissibilità degli emittenti e, in particolare, non esclude le società basate sugli standard dei benchmark allineati a Parigi (PAB). Tuttavia, le nuove regole di denominazione dei fondi escludono le società su questa base, indipendentemente dal progetto che finanziano con l'obbligazione. Ciò significa che un fondo obbligazionario che investe in obbligazioni verdi potrebbe dover cambiare nome se non vuole limitare l'ammissibilità degli emittenti di obbligazioni. In alternativa, il fondo potrebbe mantenere il proprio nome e disinvestire da tutte le obbligazioni di emittenti che generano parte dei loro ricavi da attività escluse dal PAB.
A livello invece di impatto sul mercato, EFAMA evidenzia come questa restrizione potrebbe limitare l'universo investibile dei fondi in green bond, in particolare gli investimenti in green bond societari. Negli ultimi cinque anni, gli emittenti societari non finanziari hanno rappresentato il 26-34% delle emissioni annuali nel mercato dei green bond. Potrebbe inoltre compromettere il futuro successo del Green Bond Standard dell'UE, recentemente creato, se i principali investitori, come i fondi, fossero disincentivati dall'investire in alcune obbligazioni conformi al GBS dell'UE.
Tutto ciò comporta delle implicazioni sul fronte della transizione energetica. I maggiori emittenti societari sono le società di servizi, che svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo delle infrastrutture necessarie per un futuro sostenibile. Escluderle dai fondi che utilizzano termini sostenibili o ambientali nel loro nome potrebbe aumentare il loro costo del capitale, ostacolare progetti chiave e rallentare la transizione energetica.
Anyve Arakelijan, consulente per le politiche normative di EFAMA, ha commentato: “Nella regolamentazione della finanza sostenibile, l'interpretazione generale è che il progetto finanziato debba essere il fulcro, non le attività più ampie della società emittente. Ciò è particolarmente rilevante quando si tratta di finanziare la transizione energetica. Per garantire la coerenza tra le normative, questo principio dovrebbe essere applicato anche nelle linee guida sulla denominazione dei fondi. Ci auguriamo che l'ESMA ne colga la logica quando si tratta di green bond. Se l'Europa vuole rimanere un leader mondiale nella finanza sostenibile, sarà fondamentale una comprensione e un'applicazione coerente dei concetti chiave”.
Tanguy van de Werve, (nella foto) direttore generale di EFAMA, ha aggiunto: “I green bond consentono di raccogliere capitali e investimenti per progetti con benefici ambientali. L'UE ha registrato una crescita significativa del mercato dei green bond e l'anno scorso ha rappresentato quasi la metà dei green bond mondiali. Se l'UE vuole rimanere competitiva in questo settore e facilitare il finanziamento di progetti verdi in Europa e altrove, le autorità di regolamentazione e di vigilanza devono garantire che norme come le linee guida sulla denominazione dei fondi non ostacolino questo mercato o aumentino inutilmente la complessità normativa per gli investitori finali.”
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