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Costruire una Bioeconomia circolare per far fronte al rischio crescente di incendi

1/20/2025 | Marc Palahì, chief nature officer di LOIM

Nella sola Amazzonia, la bioeconomia potrebbe valere fino a 4.000 miliardi di dollari, mentre a livello globale il valore stimato è di 7.700 miliardi di dollari entro il 2030.


Dalla sera di martedì 7 gennaio, nell’area di Los Angeles divampano incendi devastanti. Oltre 100.000 persone sono state costrette a evacuare. Secondo le prime stime, le perdite assicurate ammonterebbero a 20 miliardi di dollari e il danno economico potenziale potrebbe arrivare a 57 miliardi di dollari. Impossibile quantificare la sofferenza umana e la perdita a livello emotivo.

Benché le cause degli incendi non siano ancora state accertate, è probabile che le forti piogge dello scorso anno, provocate dal fenomeno El Niño, abbiano favorito la crescita della vegetazione, che ha poi risentito della lunga stagione secca. Se a questo aggiungiamo i venti impetuosi che soffiano in quest’area, abbiamo le condizioni ideali che stanno agevolando la propagazione di incendi incontrollati. La scienza più ampia parla chiaro: il cambiamento climatico, unito agli odierni metodi di gestione del territorio, sta accelerando il rischio globale di incendi incontrollati. 

Una sfida chiave nel caso della California – in comune con il Mediterraneo, che negli ultimi anni registra un rischio crescente di incendi incontrollati – è rappresentata dall’interfaccia urbano-rurale, dove la città incontra la campagna, con un numero enorme di abitazioni situate proprio nelle zone in cui il rischio di incendi è maggiore. 

Man mano che le zone residenziali si spingono sempre più verso aree di natura incontaminata, aumenta il rischio per abitazioni e attività economiche. Secondo le stime, le richieste globali di risarcimento delle assicurazioni dovute ai danni provocati dagli incendi sono salite a 10 miliardi di dollari su base annua, una cifra che sembra ora destinata a essere ampiamente superata nel 2025. In verità, molti proprietari delle abitazioni danneggiate dagli incendi di Los Angeles sono sprovvisti di un’assicurazione sulla casa a seguito degli aumenti improvvisi applicati dagli assicuratori che, in alcuni casi, hanno addirittura eliminato del tutto questo genere di copertura per via dell’escalation del rischio di incendi incontrollati.

Oltre all’ampliamento delle aree urbane, si ritiene che gli altri fattori chiave siano il cambiamento climatico e il modo in cui pianifichiamo e gestiamo il territorio. Con l’aumento delle temperature e i fenomeni di siccità che si fanno più frequenti, le condizioni esplosive per l’innesco e la propagazione degli incendi sono sempre più presenti. 

Questa nuova generazione di incendi sta superando in tutto il mondo le nostre capacità di domarli. Via via che affrontiamo le crescenti minacce ambientali, economiche e sociali, dobbiamo passare dalla soppressione tattica alle strategie olistiche di attenuazione e adattamento al fine di ridurre al minimo il rischio di innescare incendi estremi e creare paesaggi resilienti, che possano essere ripristinati rapidamente in caso di incendio. 

Negli ultimi anni sono stati compiuti progressi scientifici e tecnici fondamentali nell’ambito dell’integrazione delle pratiche di gestione dei terreni con criteri di prevenzione-preparazione, individuazione-reazione e ripristino-adattamento. Il concetto di silvicoltura climaticamente intelligente, ad esempio, che mette al primo posto della gestione forestale la resilienza e i vantaggi di carattere climatico, si sta affermando come strumento efficace per creare territori resilienti agli incendi e ad altri eventi meteorologici estremi, come siccità e inondazioni. Il punto, tuttavia, è come finanziare queste strategie.

Per raggiungere questo obiettivo, un aspetto fondamentale è la crescita della Bioeconomia circolare: in pratica, sostituendo l’attuale economia estrattiva e basata sui combustibili fossili con un’economia basata sul potere rigenerativo della natura, possiamo tagliare le emissioni che provocano il riscaldamento globale e ridurre il rischio di eventi meteorologici estremi, attirando al contempo gli investimenti necessari per trasformare in modo integrato il territorio e le attività economiche. A livello locale, la bioeconomia prospera dove la natura è vigorosa, a testimonianza del fatto che la crescita economica va di pari passo con la creazione di un ambiente in buono stato di salute, biodiverso, resiliente al clima e agli incendi.

Grazie al loro ruolo multifunzionale e all’ampia gamma di servizi ecosistemici, foreste e agro-forestazione offrono grandi opportunità per la costruzione di questo nuovo modello economico. Dalle tecnologie innovative stanno nascendo opportunità senza precedenti per trasformare i composti di origine vegetale in molti dei materiali basati sui combustibili fossili che utilizziamo oggi, compresi materiali per l’edilizia, tessuti, plastica e sostanze chimiche. A sua volta, una gestione forestale finalizzata alla produzione di queste risorse secondo tecniche rigenerative potenzia i servizi ecosistemici che scaturiscono dalle foreste, migliorando il sequestro di carbonio, lo stato di salute dei terreni e la ritenzione idrica nonché riducendo la vulnerabilità delle foreste agli incendi.

 Questo concetto è applicabile all’agroforestazione e all’agricoltura rigenerativa, che ci forniscono cibo e servizi ecosistemici avanzati. Lo stesso non si può dire dell’agricoltura tradizionale, che produce sì cibo, ma crea anche esternalità ambientali.

Alla progressiva espansione della bioeconomia fanno eco le opportunità economiche. Nella sola Amazzonia, la bioeconomia potrebbe valere fino a 4.000 miliardi di dollari, mentre a livello globale il valore stimato è di 7.700 miliardi di dollari entro il 2030.

Dal punto di vista degli investitori, lo sviluppo della Bioeconomia circolare sta generando opportunità per la finanza privata e le partnership pubblico-private orientate sì al conseguimento di rendimenti, ma anche alla creazione di paesaggi resistenti agli incendi e resilienti attraverso soluzioni basate sulla natura, come l’agricoltura rigenerativa, l’agroforestazione e i sistemi forestali sostenibili, che sono capaci di perseguire maggiori rendimenti economici a lungo termine e l’aumento del valore dei terreni, potenziando al contempo i servizi ecosistemici correlati a biodiversità, acqua, terra e clima. 

Comunque, sia che questo avvenga grazie ad aziende che stanno trasformando le piantagioni di caffè monocoltura in agroforeste sane, producendo caffè che si vende a prezzi più alti, coltivato in fattorie resilienti ai cambiamenti climatici che sequestrano più carbonio di quanto ne emettano, oppure attraverso i mercati creditizi di carbonio e biodiversità, che agli investitori offrono l’opportunità di concentrarsi sui rendimenti sostenibili e diversificare i rispettivi portafogli, le opportunità non mancano.

Ad ogni modo, se vogliamo che questi e altri meccanismi si diffondano su scala globale, occorrono strumenti finanziari innovativi. Dalle strategie real asset, che si servono dei capitali per trasformare gli asset paesaggistici degradati o non adatti in asset resilienti e rigenerativi, ai programmi come l’Australian Emission Reduction Fund e il Forest Resilience Bond degli Stati Uniti, che agevola la partecipazione del capitale privato nella gestione pubblica dei territori, tutto questo deve diventare la norma e non l’eccezione. Per farlo, il comparto finanziario deve approdare a una migliore comprensione del ruolo chiave che svolge la natura quale autentico motore della nostra economia. Nei prossimi anni la regola dovrà essere quella di attirare gli scienziati esperti nell’industria degli investimenti e della finanza.

In un mondo che assiste all’aumento delle perdite causate dalle catastrofi ambientali – nel complesso, nel 2024, i danni derivanti dalle catastrofi legate al clima hanno gravato sull’economia globale per 320 miliardi di dollari – occorrono azioni urgenti. E quello degli investitori sarà un ruolo fondamentale. Nel ricercare nuovi modi per finanziare la lotta contro gli incendi incontrollati, è necessario adottare un approccio poliedrico, che integri scienza, finanza e politiche per costruire una Bioeconomia circolare che affronti le cause radicali degli eventi estremi. Nell’odierna epoca del cambiamento climatico, dobbiamo prendere esempio dalla natura e costruire la resilienza partendo dalle fondamenta. 

 

 

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