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4/12/2024 | Paola Moscatelli*
Branding, marketing e la mia amata e bistrattata comunicazione appartengono sicuramente alla stessa famiglia, ma non sono sinonimi, non sono interscambiabili. Sono dei pilastri ben distinti che soltanto in sinergia possono concorrere alla costruzione di una strategia efficace e vincente per lo sviluppo di una società. Ma non devono essere confusi.
Gli obiettivi di branding sono quelli legati alla identità vera e propria di un marchio, mentre invece gli obiettivi di marketing e comunicazione indirizzano tutte quelle attività che riguardano il posizionamento del brand.
Dare identità a un brand significa essenzialmente dotarlo di personalità e di carattere, renderlo riconoscibile all’interno della missione richiesta dai valori aziendali e infine dotarlo di una voce propria.
L’attività di promozione che ne consegue chiede l’ausilio del marketing e della comunicazione.
Fatta questa premessa, molto veloce, anche il branding negli ultimi vent’anni – ovvero gli anni in cui me ne sono occupata - ha cambiato molto la sua natura.
Non si tratta più di vendere servizi e prodotti, sebbene questi restino al centro delle economie aziendali, ma di creare un legame un po’ più profondo, un po’ più emotivo con i clienti. È come se ogni volta il brand avesse una storia da raccontare, una visione da condividere.
Ma allora come misuriamo il valore del brand? Come può ad esempio un consulente capire quanto può aggiungere col proprio personal branding al marchio della società per cui opera?
Per andare a identificare il valore del brand è necessario un esercizio che considera certamente una grande gamma di indicatori finanziari ma soprattutto comportamentali. E di percezione del cliente.
Non si tratta quindi di una serie di numeriche ma di percezione, emozione e fiducia. Quest’ultima parola ben nota e cara ai professionisti del risparmio italiano. È un equilibrio tra elementi tangibili e intangibili.
Abbinati al concetto di brand abbiamo sentito spesso ripetere due parole particolarmente importanti: solidità e affidabilità. Sono fattori determinanti per la fiducia di un cliente.
E quando un brand è solido? Quando è caratterizzato da una fortissima reputazione, fiducia e fedeltà dei clienti, chiarezza e coerenza nei messaggi. Aspetto quest’ultimo a sua volta fondamentalle.
Un brand affidabile è invece un marchio che offre prodotti di grande qualità, che risponde agli impegni ed ha una tensione costante per favorire la trasparenza.
Le attività congiunte di branding, marketing e comunicazione sono imprescindibili per plasmare il percepito del marchio, anche nel settore della consulenza finanziaria.
Quali sono le azioni da compiere, in sintesi? Costruire e mantenere la reputazione del brand, proteggerla quando serve, garantire la coerenza nei messaggi ma soprattutto diffondere l’innovazione. Soprattutto in un settore affollato, dove la competizione è serrata.
Più che parlare degli errori che si possono commettere preferirei indicare invece le buone pratiche da mettere in campo. La “To do list” degli anglofoni.
Innanzitutto la strategia della comunicazione. È fondamentale. Ogni esercizio va collocato in una pianificazione di breve e lungo periodo. Per tornare alla nostra tripartizione le attività di branding sono orientate al lungo periodo mentre comunicazione e marketing lavorano nell’imminenza, nell’urgenza. Comunicazione e marketing sono “adesso”, il branding è “per sempre”.
Il secondo elemento è l’identificazione del target di riferimento. Importantissimo. Perché se no andiamo a comunicare in maniera errata o fare esercizi non idonei. E legato al target vi è il linguaggio più adatto da utilizzare: fondamentale diventa in questo senso la coerenza. Penso ad esempio a strumenti come i social o le email, veicoli spesso più reattivi che proattivi; è facilissimo sbagliare. Raccontiamo tutti la stessa cosa ma alla fine il cliente non lo capisce; perché non c’è coerenza nel linguaggio.
Il terzo elemento importantissimo è l’utilizzo corretto dei canali a disposizione. Faccio un esempio molto pratico: il contenuto concepito per una brochure, visto che parliamo di marketing, non può e non deve essere utilizzato per un’intervista o per una comunicazione sui social. Bisogna pertanto essere certi di aver attribuito il messaggio giusto al giusto canale.
Quarto e ultimo punto riguarda la flessibilità, soprattutto in un mondo in rapido movimento, in un’industria che cambia, e sapersi adattare e incorporare le innovazioni. E recepire sempre i segnali che ci arrivano dai clienti.
Per le reti, le banche e le case di gestione, che sono il settore di cui mi sono sempre occupata, avere una comunicazione efficace ed efficiente è naturalmente irrinunciabile.
C’è una citazione che ho amato nel corso degli anni, di una imprenditrice americana della cosmesi, che diceva: “Le aziende valgono quanto le persone che le compongono”. Il valore dei talenti va pertanto riconosciuto e sostenuto, sia per chi è già inserito nella struttura sia per chi deve entrare.
Nell’ambito del risparmio gestito bisognerebbe sfidare un po’ lo status quo, invertendo il paradigma.
I consulenti finanziari si devono proporre in maniera più dinamica, trasmettendo quando questa professione possa aiutare le famiglie non solo sul fronte finanziario ma quanto si possa fare la differenza ad ampio raggio.
L’innovazione naturalmente va gestita con criterio. Le campagne di reclutamento sui social sono ad esempio estremamente rischiose.
Affidarsi a un professionista della comunicazione paga sempre: è sempre tutto molto bello, molto facile, quando tutto va bene. Il punto focale è avere in squadra qualcuno in grado di intervenire anche nei momenti di gestione di una crisi.
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*Celebre professionista dell'industria finanziaria italiana, alla guida della comunicazione e del marketing di Franklin Templeton, Azimut e UBS, Paola Moscatelli ha offerto al recente Salone del Risparmio 2024 questa lezione sul branding che la redazione di ADVISOR ha voluto qui riprodurre
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