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Senza incentivi il costo di un fondo non cambia. Anzi aumenta

1/21/2023

Una ricerca, visionata in esclusiva da Advisoronline, dimostra che il modello fee-only non sempre è più conveniente. In 5 anni il costo complessivo di un investimento è, a volte, superiore a quanto si paga con il modello basato sulle retrocessioni.


Gennaio si è aperto con un acceso dibattito a livello europeo sugli incentivi. Mairead McGuinness, commissaria Ue per i servizi finanziari, ha fatto capire nei primi giorni dell’anno che Bruxelles è orientata a vietare le commissioni agli intermediari (come le banche e le reti) che distribuiscono strumenti finanziari. L’obiettivo della proposta è quello di eliminare il cosiddetto modello “commission-based remuneration” a favore del modello “fee-based remuneration”. Detto in parole povere: no agli incentivi inseriti nei costi degli strumenti finanziari per remunerare l’attività del consulente finanziario che “raccomanda” un prodotto al di fuori di un contratto di consulenza, sì al pagamento di una fee per ricevere un servizio di consulenza finanziaria “indipendente”.

 

Diverse le voci che si sono alzate in Italia contro questa proposta che metterebbe a rischio la stabilità del sistema distributivo del Bel Paese. Ma se questo sarebbe un effetto “industriale” evidente, tanti altri sono gli effetti concreti sul cliente finale che la Commissione Europea, a detta di chi difende la remunerazione, non sta considerando.

 

Tra le tante voci spicca un recente intervento a firma di Giovanni Sabatini, direttore generale dell’ABI, pubblicato su MilanoFinanza. Nel suo intervento Sabatini ha fatto riferimento, per difendere la sua posizione a favore del mantenimento del modello “commission-based” ad una ricerca condotta in Francia, Spagna, Italia e Germania dai professionisti di KPMG che hanno raccolto i dati dell’industria e cercato di capire se effettivamente il passaggio ad un modello “fee-based” e l’abbandono totale degli incentivi si traduca in un vantaggio per i clienti finali.

 

Advisoronline.it ha avuto la possibilità di visionare lo studio a firma KPMG e l’esito dell’analisi si riassume in un allarme che mal si sposa con l’obiettivo di “tutelare” il patrimonio dei piccoli risparmiatori: “Laddove gli incentivi sono stati vietati” si legge nel report, “non viene fornita alcuna consulenza sugli investimenti agli investitori al dettaglio con un patrimonio inferiore a 100.000 euro”. Anzi. Nei paesi che hanno scelto di abolire le retrocessioni ai distributori “è emerso un divario nell'accesso alla consulenza sugli investimenti e ad altri servizi”.

 

Una parte significativa della clientela retail del Regno Unito non ha, infatti, più accesso alla consulenza in materia di investimenti: i clienti che beneficiano di consulenza sugli investimenti hanno in media più di 150.000 sterline (174.662 euro) di patrimonio sotto advisory. Non solo. Dati alla mano, secondo le analisi condotte da KPMG,  solo l'8% degli adulti del Regno Unito (4,1 milioni) ha ricevuto una consulenza regolamentata sugli investimenti in un periodo di 12 mesi da gennaio a dicembre 2020. “Questo tasso cresce con l'aumentare della ricchezza dei clienti, come illustrato dai dati seguenti: il 17% degli adulti del Regno Unito con un patrimonio investibile compreso tra 10.000 e 100.000 sterline (11.644 euro - 116.442 euro); il 25% degli adulti del Regno Unito con un patrimonio investibile compreso tra 100.000 e 250.000 sterline (116.442€ - 291.104€) ; il 38% degli adulti del Regno Unito con più di 250.000 sterline (291.104 euro) di patrimonio investibile”. Insomma la prima conseguenza dell’addio agli incentivi è l’abbandono di una grande fetta di clientela.

 

Potremmo affermare che però non è scritto da nessuna parte che le dinamiche registrate nel Regno Unito si registrino anche in Italia in caso di divieto degli incentivi. Allora meglio rispondere alla domanda delle domande: davvero il modello “commission-based” è più costoso, per il cliente finale, del modello “fee-based”? Siamo sicuri che in Italia, Francia e Spagna investire costa di più rispetto a quanto avviene oggi nel Regno Unito (dove esiste solo il modello fee-based)?

 

Per dare una risposta a questa domanda gli esperti di KPMG hanno analizzato in tutti i paesi presi in considerazione tutti i costi sostenuti dagli investitori al dettaglio quando investono in strumenti finanziari: il costo dei prodotti (costi di ingresso, di gestione e di uscita) e i costi dei servizi coinvolti (che comprendono principalmente: (i) consulenza sull'investimento e (ii) esecuzione dell'operazione). La somma del costo dei prodotti e dei costi dei servizi di investimento correlati di uno strumento finanziario per un investitore al dettaglio è stata definita da KPMG come Total Cost of Ownership (“TCO”). Questo valore ha permesso agli esperti di KPMG di confrontare i due diversi modelli di business utilizzati in Europa.

 

Risultato? “Entrambi i modelli offrono intervalli simili di TCO per gli investitori al dettaglio” si legge nel report. “Inoltre, per importi di investimento bassi, il modello basato sugli incentivi (commission-based) può fornire un servizio che il modello basato sulle fee di consulenza (fee-based) non offre. Inoltre, a seconda dei modelli si applicano norme fiscali diverse (ad esempio, l'IVA), che potrebbero comportare costi più elevati nel modello di consulenza a pagamento”. Dati alla mano il “TCO medio in Francia, Italia e Spagna è inferiore ai costi del Regno Unito per tutti i tipi di prodotti ed è in realtà molto vicino ai costi applicati in Olanda, nonostante la grande differenza nelle soglie di investimento che, in Olando e nel Regno Unito, spingono di conseguenza la maggior parte degli investitori al dettaglio fuori dal mercato della consulenza sugli investimenti”.

 

In cifre chi può investire solo 10.000 euro: in Olanda e nel Regno Unito deve muoversi in autonomia e non riceve nessun servizio; in Francia, Italia e Spagna può essere “guidato” dalle banche e si trova a pagare un TCO per 5 anni di investimento che va dall’1,15% se sceglie fondi obbligazionari, al 2,04% se opta per fondi azionari.

 

Un investitore che invece può contare su un patrimonio di 100.000 euro: in Olanda continua a non ricevere alcun servizio; in Francia, Italia e Spagna paga l’1,15% per i fondi obbligazionari e il 2,04% per quelli azionari; nel Regno Unito deve fare i conti con costo, dopo 5 anni di investimento, del 2,23% se ha scelto un prodotto obbligazionario e del 2,51% se invece ha optato per un prodotto azionario.

 

Infine, se abbiamo di fronte un investitore con 500.000 euro ecco quali sono i suoi costi dopo 5 anni di investimento: in Francia, Italia, Spagna il TCO è dell’1,15% per i fondi obbligazionari e del 2,04% per i fondi azionari; in Olanda è dell’1,58% per i prodotti obbligazionari e dell’1,93% per quelli azionari; nel Regno Unito si arriva al 2,23% per le opzioni obbligazionarie e al 2,51% per quelle azionarie. 

 

Lo studio a firma KPMG sembra evidenziare che forse il tema della tutela del cliente al dettaglio non deve passare dall’imposizione di un unico modello di servizio perché se alla fine il mercato si livella su una struttura commissionale unica, non è certo che il cliente finale ne trarrà davvero beneficio.  Forse, alla fine, conviene puntare sulla trasparenza e sulla concorrenza. Solo così il cliente troverà il giusto equilibrio tra costo e qualità del servizio ricevuto.

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