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2/16/2023 | Daniele Riosa
La questione degli inducements nel risparmio gestito continua a tenere banco in attesa che la Commissione Europea la prenda in esame, probabilmente il 5 aprile. Giorno in cui sono in agenda i temi del pacchetto relativi agli investimenti articolato nelle due coordinate dell'Improving the retail investment framework e della Retail investment strategy. Nel frattempo il dibattito in Europa si infiamma sempre di più e negli ultimi giorni si è allargato il numero dei Paesi europei che si è schierato contro il divieto di commissioni. Dopo la Germania, infatti, anche l’Austria si è detta contraria alo stop.
Anche nel nostro Paese, le principali associazioni del mondo finanziario italiano, Abi, Ania, Assogestioni, Assoreti, Assosím, Febaf si sono mobilitate e hanno chiesto formalmente un intervento del governo, sulla falsariga di quanto fatto da altri Paesi europei, a difesa del mantenimento del sistema attuale. Le associazioni italiane ora chiedono anche al governo di Roma di "sostenere" il modello continentale di remunerazione delle reti di distribuzione dei prodotti finanziari. Anche in vista delle pesanti ripercussioni economiche che la misura potrebbe avere sul settore.
In Italia, quello delle commissioni sugli strumenti finanziari, è un mercato molto redditizio. Secondo stime sul mercato ammontano a una cifra compresa tra i 5 e i 7 miliardi di euro, a seconda delle banche. Le commissioni derivanti dall’asset management, infatti, costituiscono in media il 13% del margine di intermediazione per gli istituti di maggiori dimensioni, con punte oltre il 23%.
Nello specifico, lo studio di Mediobanca Securities Italian Asset Gatherers ha simulato ciò che potrebbe accadere ai risultati economici delle principali società di gestione italiane quotate italiane nel caso in cui venisse approvato il divieto di incentivi. Gli autori del report sottolineano che “si tratta di un esercizio preliminare e che non intende essere esaustivo in termini di possibili conseguenze della riforma. Consapevoli che ci si muove in un territorio inesplorato e gli effetti potrebbero essere significativamente diversi rispetto alla simulazione effettuata”.
Fatta questa premessa, tra le quattro maggiori rete quote, in termini assoluti, “le commissioni di gestione si potrebbero ridurre di circa il 30%. Nello specifico, secondo lo studio, le commissioni potrebbero calare per Azimut del 38%, l'utile operativo del 21%, per Banca Generali del 26%; l'utile operativo del 16%; per Banca Mediolanum del 27%, l'utile operativo del 17%; per Fineco del 24%. l'utile operativo dell'8%”.
“La trasparenza per i clienti finali potrebbe probabilmente aumentare e la riforma contribuirebbe a raggiungere ciò che MiFid 2 ha fallito (a causa di una normativa debole e di un'attuazione carente da parte dei distributori). Ma a quale costo?”, termina con questa domanda lo studio di Mediobanca Securities Italian Asset Gatherers. La palla passa ora alla Commissione Europea.
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