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Un anno di guerra in Ucraina, il bilancio dei gestori

2/20/2023 | Daniele Riosa

I primi 12 mesi del conflitto lasciano in eredità più inflazione e meno crescita. Lo scontro potrebbe però rafforzare la determinazione dei politici ad accelerare l'agenda climatica dell'Europa e i suoi obiettivi Net Zero


E’ passato un anno dallo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina. Benjamin Melman, global chief investment officer di Edmond de Rothschild Asset Management, rileva che “la guerra ha contribuito alla fase ribassista degli asset europei, che nelle ultime settimane sono stati contenuti sulla scia di un inverno mite, del calo dei prezzi dell'energia e della riapertura in Cina”.

Tuttavia, “ha anche aumentato i costi energetici europei rispetto alle altre aree del mondo, innescando uno svantaggio strutturale in termini di costi per l'industria europea. L'aumento del costo dell'energia ha generato maggiori pressioni inflazionistiche nel Vecchio Continente, giustificando un premio sulle prospettive inflazionistiche europee e quindi uno sconto sugli asset europei stessi. Alcune società hanno utilizzato il loro potere di determinazione dei prezzi per aumentare i margini, ma si tratta più che altro di episodi a sè stanti, dato che l'eccesso di risparmio si sta ormai esaurendo. Appare sempre più difficile aumentare i prezzi di vendita rispetto all'anno scorso e, se lo scenario di guerra si protraesse e, di fatto, si consolidasse, si verrebbe a creare un vero e proprio sconto sugli asset europei”.

“La guerra - sottolinea il gestore - ha modificato la percezione che avevamo maturato in tema di rischi geopolitici dopo la pandemia. Ha reso possibile ciò che sembrava quasi impossibile aumentando quindi la consapevolezza di una potenziale invasione di Taiwan. L'aumento del rischio geopolitico sta esercitando un'enorme pressione sulle strategie aziendali e sull'organizzazione delle catene di approvvigionamento. È un enorme ostacolo per la globalizzazione; ed una globalizzazione più lenta porta con sè un rallentamento della crescita ed un incremento dell’inflazione. Se la situazione è globalmente negativa per tutti, alcuni Paesi potrebbero trarre vantaggio dal ‘nearshoring’ o ‘friendshoring’ (costruzione di nuove fabbriche più vicine a casa), ad esempio nell'Europa dell'Est o in Nord Africa... Altre fabbriche europee potrebbero anche tornare in patria, ma dobbiamo tenere presente anche l'IRA (Inflation Reduction Act) degli Stati Uniti che ha un indubbio potere di attirare alcune aziende europee oltreoceano”.

Mahmood Pradhan, head of global macro economics, Amundi Institute, analizza il bilancio economico nel breve e nel lungo periodo della guerra tra Russia e Ucraina e le implicazioni per gli investitori in tre scenari principali.

Il gestore spiega che “nella nostra visione sia gli scenari migliori sia quelli peggiori su come potrebbe evolvere il conflitto sono sottovalutati. Le probabilità che il conflitto si trasformi in una guerra prolungata sono aumentate, ma un cessate il fuoco alla fine del prossimo anno rimane una possibilità sottostimata. Anche il rischio di un'escalation diretta con l'Occidente è sottovalutato, mentre sarebbe invece opportuno prevedere le probabili reazioni del mercato alle gravi ripercussioni economiche e finanziarie".

Per quanto riguarda il mercato valutario, “la lezione della guerra in Ucraina è che le banche centrali giocheranno un ruolo centrale e dovranno ripensare l'allocazione delle riserve alla luce dell'equilibrio geopolitico che prevarrà. Nel lungo periodo, l'incertezza sui prezzi e sull'offerta di energia richiederà una politica monetaria maggiormente proattiva e guidata più dai dati che dalla forward guidance delle banche centrali. Impatto economico Il conflitto ha devastato l'economia e il potenziale produttivo dell'Ucraina. Il PIL è diminuito di oltre il 30% e, dati i continui danni alle infrastrutture fondamentali, il costo finale della ricostruzione potrebbe superare i mille miliardi di dollari. Fino a poco tempo fa, le sanzioni contro la Russia hanno colpito principalmente il suo conto capitale, dal momento che non aveva bisogno di accedere ai mercati dei capitali per finanziare lo sforzo bellico. A lungo termine, il reddito estero diminuirà man mano che l'Europa ridurrà la sua dipendenza dall'energia russa”. 

“Le spese della Russia per la difesa - rileva Predhan - sono aumentate del 60%, ma i ricavi delle esportazioni di petrolio e gas sono diminuiti del 40%. Lo sforzo bellico sta portando a un forte deterioramento delle finanze pubbliche, con disavanzi di bilancio senza precedenti negli ultimi mesi. Insieme alla ‘fuga’ delle risorse fiscali a causa della guerra, la ‘fuga di cervelli’ del suo capitale umano e le sanzioni sulle importazioni di tecnologia comprometteranno gravemente la prospettiva di rilanciare gli investimenti attualmente in forte calo e la capacità della Russia di diversificare la crescita”. In Europa “lo shock iniziale sulle forniture energetiche ha avuto un impatto del 4% (in termini di scambi commerciali) sul PIL e ha contribuito al forte e improvviso aumento dell'inflazione. L'Europa ha utilizzato gran parte del suo potere fiscale per attutire l'impatto su famiglie e imprese, ma avrà bisogno di un nuovo mix energetico per preservare la competitività internazionale dei suoi settori ad alta intensità energetica”.

“La riduzione della dipendenza dai combustibili fossili - conclude l’analista di Amundi - ha una prospettiva di 10-15 anni. La guerra potrebbe rafforzare la determinazione dei politici ad accelerare l'agenda climatica della regione e i suoi obiettivi Net Zero”.

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