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Garzesi (B.Mediolanum): la periferia è il centro. Il valore dei piccoli clienti.

11/7/2024 | Daniele Barzaghi

A un anno dalla nomina, il primo bilancio del d.g. di Banca Mediolanum. Le innovazioni portate dalla Spagna.


A un anno dalla sua nomina a direttore generale di Banca Mediolanum (incarico annunciato a settembre 2023 ed effettivo dal 1° gennaio) abbiamo incontrato Igor Garzesi (in foto) per capire come stia interpretando il proprio ruolo nella banca-rete da 4.400 consulenti finanziari.

 

Igor Garzesi, a quasi 12 mesi, qual è il tuo primo bilancio da d.g. della struttura italiana? Cosa ti porti dell’esperienza in Spagna?

L’alternanza tra me e Bosisio, tra Spagna e Italia, ha rafforzato l’osmosi all’interno del nostro gruppo. Gian Luca, nel suo nuovo ruolo di a.d. di Banco Mediolanum, porta a Barcellona le evoluzioni della capogruppo vissute in prima persona e io porto in Italia l’esperienza quotidiana in una società molto più giovane e per questo forzatamente più dinamica. La gioventù, anche nel caso delle società, porta vantaggi. A partire dal livello di avanzamento in ambito tecnologico: solo riguardo all’intelligenza artificiale abbiamo 50 progetti di studio attivati. Per questo al mio ruolo è associata anche la trasformazione digitale del gruppo.

L’esperienza di Banco Mediolanum mi serve oggi anche per accelerare l’aumento numerico dei family banker: in Spagna sono cresciuti negli ultimi anni del 65%; qui in Italia, dove certamente la dimensione e la maturità del mercato è ben diversa, del 26%. In questo senso è bellissimo il progetto NEXT che, con 200 innesti all’anno, ha già messo a disposizione della rete 400 nuovi giovani professionisti in ventiquattro mesi (clicca sulla foto sottostante per ingrandirla, ndr). Questo serve naturalmente per arrivare a più famiglie ma anche per dare concretezza al cambio generazionale della struttura.

Con l’aumentare di dimensione una società rischia sempre di perdere vicinanza con le persone e dunque ho avviato in Italia alcune iniziative sperimentate con successo in Spagna, come le due-giorni tra dirigenti e family banker per condividere il lavoro quotidiano della rete. E quando i responsabili rientrano in sede, dopo aver osservato da vicino le problematiche o le buone pratiche sviluppate sul territorio, evidenziano davvero una mentalità diversa, una visione strategica impossibile da raggiungere lavorando a distanza. Allo stesso modo i family banker, grazie al dialogo diretto, hanno l’opportunità di meglio comprendere alcune decisioni prese dalla direzione centrale. 

Circa 120 dirigenti andranno periodicamente a visitare il territorio; io stesso, da quando sono stato incaricato, sto girando tutte le regioni riunendo tuti i banker in incontri franchi, con domande libere: credo mondo nella interazione, nel capirci. A me serve per individuare obiettivi futuri, a loro per comprendere perché procediamo in un senso e non in un altro.

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Cosa ti ha sorpreso maggiormente? Cosa non ti era chiaro quando eri basato in Spagna?

Pensavo di conoscere molto bene l’Italia, le persone dell’organizzazione, ma quando ci lavori insieme quotidianamente ti accorgi di quanto siano spettacolari. Ho trovato professionisti di primordine, da togliersi il cappello, che dedicano tantissime ore alla crescita di questo business.

Dalla Spagna vedevo Banca Mediolanum come un colosso, già consolidatissimo, e ritenevo che gran parte del mio compito fosse mantenere intatto quanto ben fatto in passato. In realtà, come ricorda il nostro a.d. Massimo Doris, copriamo appena il 3% del mercato bancario italiano e sommati alle altre banche-reti soltanto il 19%. Ci sono ampissimi margini di crescita. 

Le reti concorrenti non sono un problema: anzi, ci si osserva e si analizzano le pratiche di successo. Stiamo crescendo tutti insieme, a scapito delle banche tradizionali.

 

La tendenza dell’intera industria a raggiungere i patrimoni più importanti non rischia di lasciare scoperti i clienti più piccoli, che in fondo erano lo storico background di Banca Mediolanum?

Sono totalmente d’accordo. Il nostro mestiere nasce dall’essere i banker delle famiglie. Tutto è nato dai clienti piccolini. D’altronde contiamo oggi 870 private banker e wealth manager ma 4.000 family banker non lo sono: seguono famiglie normali. E se abbiamo superato i 33.000 clienti con patrimoni investibili superiori ai 500.000 euro, 1,8 milioni dei nostri assistiti sono sotto quella soglia.

La nostra funzione è anche quella di affiancare questo genere di persone. Fa parte della filosofia insegnataci dal nostro fondatore: dobbiamo essere utili, anche portando una cultura finanziaria alle persone che ne sono prive; aiutandoli a risparmiare e a prevenire quei bisogni cui oggi non pensano ma che invece sono determinanti per un futuro sereno e migliore. Fa parte del nostro ruolo. Crescere nel segmento Private non esclude l’irrobustirsi nel resto del mercato. 

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È ipotizzabile addirittura che i banker abbiano una quota di clientela pro bono?

Ce l’abbiamo già. Abbiamo delle iniziative di soccorso, per aiutare persone che non riescono a bancarizzarsi; persone che non trovano spazio nel sistema creditizio tradizionale. Abbiamo istituito ad esempio formule di prestiti, associando un family banker. Da queste iniziative non guadagniamo, magari ci perdiamo anche, ma aiutiamo queste persone a uscire dal buco in cui sono cadute e da cui da sole non riescono a risalire. Abbiamo già erogato quasi sei milioni di euro in iniziative simili, al di là di quanto investito dalle nostre due fondazioni benefiche. 

Una banca come la nostra non è solo una direzione centrale. I nostri banker sul territorio si trovano a contatto anche con persone in difficoltà e non possiamo voltar loro le spalle. 

 

Di nuovo il valore della periferia, per una struttura ramificata come la vostra

Sono stato da poco a Palermo e appena prima ero andato in realtà molto diverse tra loro come Padova, Roma o Bologna. In una struttura giovane come quella spagnola mi era chiaro come la periferia fosse il centro. In Italia, con una sede centrale così interessante e ricca di talenti, esiste sempre il rischio di vivere in una bolla e perdere d’occhio la realtà là fuori. E, anche se nei bilanci le principali voci di raccolta sono ben chiare, è importante non trascurare nulla. 

Quando incontro i colleghi delle sedi più distaccate li vedo a volte sorpresi da questi incontri ma senza questo dialogo aperto, in grado di far comprendere appieno le strategie aziendali, difficilmente si riesce a evolvere nella direzione corretta. Certo, ci tocca fare qualche valigia in più.

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