Tempo di lettura: 3min
11/28/2024 | Daniele Barzaghi
Un sovrappeso degli Stati Uniti rispetto all’Europa dal punto di vista geografico. Una preferenza per l’immobiliare quotato e un sottopeso del reddito fisso, comunque preferito più nella sua componente corporate rispetto a quella pubblica. Fiducia nei settori tecnologico-informatico e dei servizi di comunicazione e poco interesse per titoli industriali e utility.
È questa, in estrema sintesi, la visione per i mercati finanziari nel 2025 offerta ad Amsterdam, a una selezione della stampa italiana, da Bob Homan (in foto), il responsabile Investimenti di ING, primo gruppo bancario olandese per dimensione (circa 1.000 miliardi di euro di asset a fine 2023, di cui 4,6 in Italia, dove vanta 1,3 milioni di clienti e 1.200 dipendenti, ndr).
“A differenza di molti competitor” risponde il Cio a una domanda diretta, durante la conferenza stampa alla presenza di Matteo Pomoni, Head of investments and wealth in Italia di ING, “siamo contarian all’idea di ridurre l’acquisto di titoli dei Magnifici 7 tecnologici statunitensi. Il loro rally sarà ancora lungo e, ora che è stato eletto Donald Trump, abbiamo ricominciato a credere anche alla Tesla di Elon Musk, brillante sui listini dalle prospettive di autorizzazione alla guida automatizzata più che da istanze di sostenibilità ambientale. In generale siamo interessati alle società con capitalizzazione grandissima o molto piccola; meno da tutto ciò che si colloca in mezzo”.
Allargando lo spettro di analisi, Bob Homan, in genere scettico sui condizionamenti delle questione geopolitiche rispetto agli investimenti finanziari, ammette che questa volta sarà diverso: “Per il 2025, la crescita globale è stimata intorno al 3,2%, in linea con il 2024. Negli Stati Uniti non si prevede una recessione, ma un rallentamento della crescita al 2%, a causa dei tassi di interesse più elevati rispetto alle attese e delle politiche che la nuova amministrazione Trump introdurrà su tariffe e immigrazione. Per almeno due anni l’Europa continuerà ad affrontare sfide persistenti, legate ai problemi strutturali e alle pressioni da Cina e Stati Uniti. Le aspettative sono per una crescita debole, pari allo 0,6%. In Cina, invece, la crescita dovrebbe stabilizzarsi intorno al 4,8%, grazie alle misure di stimolo all’economia domestica”.
“L’andamento dell’inflazione nelle diverse aree accentuerà le divergenze delle politiche delle Banche Centrali. “La Federal Reserve dovrebbe abbassare i tassi al 3,75%, in misura quindi inferiore rispetto alle attese, per un possibile aumento dell’inflazione alimentato da tariffe sulle importazioni più elevate e dal contenimento dell’immigrazione. La Bce, invece, dovrebbe ridurre i tassi all’1,75%, a causa della bassa crescita e di un’inflazione differita. Esiste comunque un rischio di stagflazione legato a tariffe più elevate per le esportazioni verso gli Stati Uniti. In Cina, con un’inflazione stabile, la Banca Centrale Cinese continuerà a stimolare i consumi interni piuttosto che i grandi progetti strutturali” sottolinea l’esperto.
“Nonostante un rallentamento degli Usa nella seconda metà dell’anno” specifica, “per il 2025 si prevede un ritorno per l’azionario globale di circa il 6%, compreso un dividendo del 2%. Una crescita nominale degli utili del 10% nel 2025 per l'indice MSCI All Country World è considerata raggiungibile. Questa stima è però conservativa rispetto al consenso di oltre il 12%”. E anticipa: “Per il 2026 si prevede una crescita degli utili leggermente inferiore, pari all'8%, anch'essa al di sotto del consenso di oltre l'11%. Per la fine del 2025, si prevede un rapporto prezzo-utili pari a 17,5 volte gli utili previsti per il 2026, inferiore rispetto all’attuale 18,1”.
Abbonati a prezzi speciali. La rivista sul tuo desk in ufficio
Scopri le categorie