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4/22/2014
La terza sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7776 del 3 aprile 2014 ha letteralmente riaperto il caso diritto di recesso e messo in discussione il decreto legislativo che sembrava aver mandato in soffitta tutti i timori di un diritto di ripensamento per l'offerta fuori sede.
Quella che per molti sembrava una vicenda ormai chiusa è tornata in superficie a causa di questa sentenza che, dopo aver qualificato come prodotto strutturalmente unitario, il “piano finanziario” consistente nell’erogazione, da parte di una Banca, di un finanziamento finalizzato all’acquisto in proporzioni predeterminate di quote di fondi comuni di investimento e titoli obbligazionari costituiti in pegno a garanzia della restituzione del finanziamento medesimo, ha enunciato una serie di principi di diritto che invalidano l'ultimo decreto legislativo affermando, in pratica, che "non è una norma di interpretazione autentica".
Senza entrare nel dettaglio della sentenza, commentata in maniera accurata da Paolo Lucarelli, socio fondatore di Galante e Associati Studio Legale su FCHub (il testo completo del commento dell'esperto è disponibile a questo link: https://professional.advisoronline.it/risparmio-gestito/26260-promotori-clienti-riesplode-il-caso-ius-poenitendi1.action), qui si segnala che se venisse considerata valida l'affermazione della Cassazione secondo la quale "è la prassi commerciale a doversi adeguare alla legge per come interpretata dall'organo giurisdizionale di vertice, e non il contrario", ci sarebbe un forte "rischio di interruzione delle attività fuori sede aventi ad oggetto servizi di investimento diversi dal collocamento e dalla negoziazione in conto proprio, per le incertezze legate alla mancanza di un’adeguata modulistica contrattuale ovvero a talune difficoltà operative in sede di esecuzione dell’operazione (si pensi in primis alle esigenze di market timing del cliente, frustrate dallo ius poenitendi) connesse alla sospensione dell’efficacia degli ordini impartiti e all’obbligo di attendere la scadenza del settimo giorno prima di poter legittimamente eseguire l’operazione" sottolinea Lucarelli.
Insomma tutto l'iter normativo che sembrava aver definito meglio i paletti della sentenza della Corte di Cassazione n. 13905 del 3 giugno 2013, che stabiliva erroneamente che in caso di offerta fuori sede il cliente ha sempre diritto di recedere il contratto di investimento, viene di nuovo messo in discussione creando quella che lo stesso Lucarelli definisce una situazione di grande confusione: "il risultato è che, more italico, ci ritroviamo al cospetto di una situazione di grande confusione ed incertezza, che è resa maggiormente complessa dagli opposti e contrastanti interessi in gioco" conclude l'esperto: "da una parte, quelli dei risparmiatori, che reclamano tutele crescenti in quanto contraenti deboli; dall’altra, quelli degli intermediari i quali paventano ingenti perdite".
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