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Petrolio in stand-by, ma focus sugli auriferi

1/6/2025 | Max Malandra

Materie prime industriali legate a dollaro e ripresa economica. Sull’oro, invece, i pareri non sono concordi sul 2025, ma puntano sul rialzo nel 2026.


“Considerando la previsione dei nostri economisti di una crescita del PIL globale 2025 del 3%, con un'accelerazione sequenziale nella prima metà dell'anno, i prezzi delle materie prime potrebbero trovare supporto contro l'attuale vento contrario rappresentato dalla forza del dollaro USA”. A delineare lo scenario per le materie prime, nell’anno appena iniziato, è Marcus Garvey, strategist di Macquarie.

La prospettiva di un aiuto alle quotazioni dalle materie prime derivante da un'accelerazione significativa della produzione industriale globale, si è però ridotta. “Le implicazioni negative di una guerra commerciale sulla domanda di beni minacciano il potenziale recupero del settore manifatturiero. Anche la possibilità che la domanda di materie prime riceva una spinta dalla ricostituzione delle scorte manifatturiere nei mercati sviluppati è limitata, sia dal calo di fiducia che una guerra commerciale comporterebbe, sia dalle nostre aspettative ridotte riguardo ai tagli dei tassi da parte della Federal Reserve”.

Confermano gli esperti di Assiom Forex: “I principali temi per il 2025 saranno: scenario macroeconomico e possibili interruzioni dell’allentamento di politica monetaria; tensioni commerciali USA-Cina e conseguenti impatti negativi su crescita mondiale, commercio e domanda di materie prime; evoluzione dei rischi geopolitici in Russia e Medio Oriente, e relative distorsioni delle filiere di approvvigionamento. I timori di guerre commerciali e un dollaro più forte potrebbero così prevalere sull'impatto positivo dello stimolo cinese e guidare le correzioni dei metalli industriali. 

Al momento, riteniamo che i rischi di ribasso siano limitati dal basso livello dei rapporti scorte/consumo, da un sotto-investimento strutturale, nazionalismo delle risorse e crescente protezionismo e atteso incremento della domanda mondiale per aumento dei consumi energetici, urbanizzazione e crescita demografica. Quindi, il 2025 dovrebbe probabilmente fornire alcuni buoni punti di ingresso agli investitori di lungo termine. Il controllo di catene di approvvigionamento per le materie prime critiche e di rotte marittime resta una priorità strategica nel XXI secolo”.

 

Articolato l’approccio degli esperti della giapponese MUFG Bank. “Sui metalli di base siamo neutrali-rialzisti: movimento laterale nel breve termine a causa dei premi per il rischio legati ai dazi, in attesa di stimoli reattivi rialzisti dalla Cina e della domanda strutturale legata alla transizione verde. Siamo invece neutrali sulle commodity agricole: il commercio statunitense, la politica estera, gli sviluppi geopolitici più ampi e un’incerta evoluzione del fenomeno La Niña amplificheranno la volatilità, ma una base di scorte basse limita i rischi di ribasso dei prezzi. Infine siamo neutro- ribassisti sull’Energy: per il petrolio, un surplus irrisolto e un’elevata capacità inutilizzata sono fattori ribassisti, ma restano rilevanti i rischi di coda di un breakout del nostro range di 65-80 dollari/barile legati a dazi e alle incertezze geopolitiche. Per il gas naturale, i ritardi nell’avvio dei progetti di fornitura di GNL negli USA hanno fatto scendere le nostre previsioni di un calo dei prezzi del gas sia negli USA sia in UE fino al 2026”.

Domanda e offerta di petrolio raggiungeranno nuovi record nel 2025, ma difficilmente il mercato fisico riuscirà ad assorbire la crescita attesa dei volumi, e quindi si potrebbe registrare un modesto surplus già nel secondo semestre 2025 - intervengono da Assiom Forex - Tuttavia, i rischi geopolitici in Medio Oriente dovrebbero contribuire a mantenere le quotazioni internazionali del greggio su livelli relativamente elevati. 

Riteniamo che per buona parte dell'anno i prezzi del Brent possano mantenersi all’interno del trading range di 68/95 dollari/barile consolidatosi da fine 2023. Nel nostro scenario di base il Brent potrebbe attestarsi vicino a una media di 76/78 dollari al barile nel 2025, mentre il WTI intorno a una media di 72/74 dollari. Rispetto al 2024, i rischi sulle nostre previsioni sono maggiormente sbilanciati verso il basso. Se il supporto di 65/68 dollari venisse meno, ad esempio per timori di un imprevisto calo della domanda mondiale, ci  sarebbe spazio per una più ampia correzione in area 50 dollari, coerentemente con i costi marginali della estrazione dello shale oil statunitense”.

 

Infine i metalli preziosi. L’uptrend dell’oro nel corso dell’anno si è smorzato negli ultimi due mesi del 2024. È destinato a continuare oppure ha avuto ragione il mercato che riteneva che la nuova presidenza USA ridurrà il debito governativo?

“Non riteniamo che Trump sia in grado di diminuire i costi del sistema e pensiamo che non aumenteranno le entrate - commenta Eric Strand, CEO di AuAg Funds e partner di HANetf - Il tutto si tradurrà, pertanto, in un deficit netto esattamente come accadde nel precedente mandato di Donald Trump. L’offerta di moneta M2 e il debito nazionale sono cresciuti a un ritmo simile, indipendentemente dai Repubblicani o dai Democratici alla guida. Malgrado l'oro abbia avuto una prima reazione al ribasso quando Donald Trump è stato eletto nel 2016, in seguito ha fatto registrare una performance superiore al 50% nei suoi quattro anni di presidenza.

Siamo, quindi, portati a pensare che nei prossimi anni assisteremo a un boom inflazionistico che sosterrà la futura ascesa dell'oro con superamento di quota 3.000; il nostro target nel 2025 è compreso tra i 3.000 e i 3.300 dollari per oncia troy”.

Una posizione confermata anche da MUFG Bank: “L’incrollabile mercato toro dell’oro rimane la nostra convinzione più costruttiva per il secondo anno consecutivo, rafforzata da una combinazione di fattori legati alla “paura” (copertura geopolitica di prima scelta) e alla “ricchezza” (domanda delle banche centrali dei mercati emergenti). Confermiamo la posizione sull’oro: la domanda proveniente da istituzioni finanziarie e monetarie, investitori e speculatori, favorita dai tagli della Fed statunitense, dall’incertezza sulle politiche USA e dalle crescenti tensioni geopolitiche, offre un ingresso interessante per essere long sull’oro”.

“Il picco dell'oro è probabilmente alle spalle - obiettano invece da Assiom Forex - Riteniamo probabili prese di profitto entro fine anno grazie alla rimozione dell'incertezza sulle elezioni statunitensi, e ci attendiamo un consolidamento nel 2025, probabilmente in un intervallo di 2.450/2.650 dollari. Al contrario, vediamo maggiori rischi di rialzo nel 2026 e negli anni successivi perché tutti i driver di lungo periodo restano validi: rischi di deflazione in Cina, aumento del debito negli Stati Uniti, fiat money devaluation, pressioni inflazionistiche, persistenti rischi geopolitici”.

 

Ma guardando all’oro non bisogna dimenticare le compagnie minerarie quotate. “Serve sottolineare che non solo la storica tendenza di sottovalutare gli estrattori d’oro rispetto al metallo stesso, probabilmente, si invertirà e si supererà, ma anche che gli estrattori hanno ridotto significativamente i loro livelli di indebitamento nell'ultimo decennio - riassume Strand - L’attività di M&A che ha riguardato il settore minerario è stata vigorosa e ha permesso agli estrattori di effettuare riacquisti record di azioni negli ultimi tre anni, senza finanziarli a debito come avviene nella maggior parte dei casi e in altri settori, facendo sì che la categoria diventasse più appetibile agli azionisti. 

In quest’ottica, dovrebbero diventare più interessanti per i grandi investitori orientati alla ricerca di fonti di rendimento alternative e ciò dovrebbe portare a forti afflussi di capitale e, di conseguenza, a un aumento dei prezzi delle azioni”.

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