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12/4/2023
Crescita, inflazione, politiche monetarie, equity e reddito fisso. Sono questi i temi al centro del market outlook 2024 di T. Rowe Price, illustrato nel corso di un incontro con la stampa da Yoram Lustig, head of multi-asset Solutions EMEA & Latam della casa di gestione statunitense. Un outlook nel quale l’elemento dominante è rappresentato dall’incertezza, che impone quindi cautela nelle scelte di investimento: come ha evidenziato Lustig “non è il momento di fare gli eroi”.
Partiamo dalla crescita. A differenza di quanto accadrà in Europa, che è già in recessione o sul punto di entrarci, T. Rowe Price è meno incline a prevedere quale potrebbe essere lo scenario economico per gli Stati Uniti perché potrebbe andare da un “hard landing”, attraverso un “soft landing” fino a un “no landing”. Gli effetti distorsivi derivanti da 15 anni di quantitative easing e dalla pandemia rendono difficile fare previsioni.
Data la stretta relazione fra disoccupazione e recessione, il mercato del lavoro sarà l’osservato speciale per cogliere qualsiasi segnale di un rallentamento dell’economia più pronunciato negli Stati Uniti.
“Le elezioni per il prossimo presidente degli Stati Uniti rappresentano un’altra fonte di incertezza per lo scenario globale nel 2024” aggiunge Lustig. “È probabile che questo evento metta sotto pressione alcuni membri della Federal Reserve affinché provino ad evitare una recessione nell’anno delle elezioni, anche perché gli Stati Uniti si trovano già alle prese con il downgrade del debito e con un deficit in esplosione”.
Venendo all’inflazione, questa rimane un elemento di attenzione - come conferma la retorica ancora leggermente “falco” delle banche centrali - e T. Rowe Price si aspetta che resti un rischio per tutto il 2024.
In un simile contesto T. Rowe Price si aspetta che le banche centrali potrebbero iniziare a tagliare il costo del denaro l’anno prossimo, anche se non così presto come stanno attualmente scontando i mercati. “Le banche centrali hanno una credibilità da difendere e non possono correre il rischio di dichiarare vinta la battaglia contro l’inflazione e ridurre i tassi di interesse troppo presto”, sottolinea Lustig.
In tale quadro, caratterizzato dal persistere di un’elevata incertezza, In vista del 2024 T. Rowe Price ha ridotto il sovrappeso in liquidità per diventare più positiva sull’azionario, adottando una posizione neutrale su tutte le tre principali asset class (azionario, obbligazionario e liquidità). La volatilità si è certamente ridotta sui mercati azionari, che, dopo il rally di novembre, sembrano essere forse leggermente troppo ottimisti per il futuro.
T. Rowe Price ritiene infatti che l’azionario, nel breve termine, soffrirà la concorrenza del reddito fisso, innanzitutto di titoli di stato come i Btp italiani che, al momento, sono molto a sconto e rendono il 4-4,5%. Se le valutazioni si comprimessero, sarebbe invece il momento di aumentare l’esposizione alle borse. Lustig sottolinea infatti che il peggio del reddito fisso è probabilmente alle spalle ed è quindi venuto il momento di considerare di prendere posizione sui governativi. Ma la correlazione fra equity e bond è importante per il ruolo che giocano nei portafogli, e di conseguenza lo strategist non ha una view positiva sui titoli di Stato italiani. “Il Btp italiano, per esempio, non è l’ideale per diversificare il rischio azionario perché i governativi italiani soffrono come le borse quando c’è un momento di mercato risk-off”, osserva Lustig. “Altri mercati governativi, come quelli di Stati Uniti e Germania, possono avere una correlazione negativa con le Borse in momenti di stress, quando la diversificazione è più importante”.
Più in generale, per l’investitore europeo sarebbe un errore non investire a livello internazionale, sia sull’obbligazionario sia sull’azionario. T. Rowe Price è infatti sottopesata sulle borse europee per diverse ragioni: da un lato, l’economia della zona euro è già in recessione o sul punto di entrarvi e la BCE si trova a dover far fronte ad un potenziale rischio di stagflazione in un’area dove la contemporanea presenza di paesi più deboli e di paesi più forti rende più difficile avere un tasso appropriato per tutti. Dall’altro le valutazioni sono poco attraenti e rendono più appetibili altri mercati come, per esempio, Stati Uniti e Giappone.
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