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L’analfabetismo finanziario degli italiani è preoccupante

7/22/2024 | Redazione ADVISOR

Dall’ultimo sondaggio di Moneyfarm emerge che 4 su 5 non sanno come funziona un bond. Il 52% non ha effettuato alcun investimento negli ultimi quattro anni, lasciando la liquidità ferma in banca


Scarsa propensione ad investire ed avversione al rischio sono da sempre i tratti distintivi del risparmiatore italiano, come conferma l’ultima indagine di Moneyfarm, società di consulenza finanziaria indipendente con approccio digitale, secondo cui il 52% degli italiani bancarizzati non ha effettuato alcun investimento negli ultimi quattro anni, contribuendo ad accrescere la quota di liquidità ferma sui conti correnti ed esposta al potere erosivo dell’inflazione, che, a fine 2023, ammontava a ben 1.151 miliardi di euro. Del 48% che dichiara di aver effettuato almeno un investimento dal 2020 ad oggi, la stragrande maggioranza (75%) ha optato per l’investimento obbligazionario, diretto o indiretto. Il quadro cambia radicalmente tra chi possiede un patrimonio superiore ai 50.000 euro: gli investitori passano dal 48% al 80%.

L’investimento in titoli di Stato o in obbligazioni emesse dalle grandi aziende viene percepito come più sicuro dell’investimento azionario dal 51% del campione. La prima preoccupazione associata al reddito fisso è legata al rischio di mercato: ben il 55% dei rispondenti teme di trovarsi costretto a vendere il titolo prima della scadenza a un prezzo inferiore rispetto a quello di acquisto. Altri rischi oggettivi dell’investimento obbligazionario, come il rischio di insolvenza dell’emittente e la riduzione della competitività della cedola a causa dell’aumento dei tassi, sono in cima alle preoccupazioni solo di una minoranza, rispettivamente del 26% e del 23% del campione di investitori. A far riflettere ancora di più, anche in vista del percorso di tagli ai tassi che ci si attende dalla BCE, è il fatto che la stragrande maggioranza dei rispondenti (77%) ignora il meccanismo alla base dell’investimento obbligazionario: 4 investitori su 5 non sanno indicare la risposta corretta alla domanda “Cosa accade al valore di un’obbligazione quando il tasso di interesse fissato dalla BCE scende?”. Nello specifico, a ignorare completamente i rapporti di variazione prezzo-rendimento in relazione alla variazione ufficiale dei tassi è il 31% del campione e a rispondere in modo errato (“Il valore dell’obbligazione resta invariato” o “Il valore dell’obbligazione scende”) il 46%.

Se il livello di rischio relativamente contenuto spiega l’attrazione degli italiani verso il reddito fisso, a incentivare l’investimento in titoli di Stato contribuiscono senz’altro anche la garanzia dello Stato italiano, le cedole periodiche e l’aliquota fiscale agevolata. Una ricetta che, condita da una campagna mediatica pervasiva, ha determinato il recente successo del Btp Valore, l’obbligazione del Tesoro rivolta ai risparmiatori retail lanciata nel giugno 2023 che in meno di un anno ha raccolto complessivamente 65 miliardi di euro. Il 31% del campione intervistato da Moneyfarm dichiara di aver sottoscritto BTP Italia o BTP Valore e oltre la metà di questi sottoscrittori dice di essere stata influenzata dalla massiccia campagna di comunicazione che ne ha accompagnato l’emissione, tanto efficace che solo il 15% degli intervistati dichiara di non aver mai sentito parlare di questi strumenti.

Più si sonda il terreno delle conoscenze e più dovremmo allarmarci

La maggioranza del campione non ha ben chiare le differenze tra titoli di Stato e obbligazioni corporate, ossia i titoli emessi da società private (per lo più banche e industriali) per finanziarsi. Addirittura, l’82% crede, erroneamente, che i titoli di Stato siano più facili da vendere delle obbligazioni corporate, il 38% pensa che i titoli di Stato abbiano rendimenti mediamente inferiori alle obbligazioni corporate e il 46% ignora che a queste ultime sia associato un rischio maggiore dei titoli di Stato. Allarmante il fatto che la diversificazione sia importante solo per unterzo del campione (35%), mentre molti ritengono che investire in un singolo titolo obbligazionario sia un approccio ugualmente valido (19%) o addirittura migliore (12%) e moltissimi (34%) non hanno un’opinione in merito.

Meno della metà degli intervistati conosce la tassazione delle obbligazioni. In materia di tassazione delle plusvalenze derivanti dai titoli obbligazionari, infatti, è solo il 34% del campione a sapere con esattezza l’entità dell’aliquota agevolata applicata al capital gain sui titoli di Stato quali BTP, BOT, CCT e CTZ, pari al 12,5%, e ancora meno (20%) sono coloro che conoscono con precisione l’aliquota effettiva del 26% applicata alle plusvalenze sulle obbligazioni corporate. La dimestichezza con il regime fiscale riservato alle obbligazioni cresce negli investitori “affluent”: tra chi possiede un patrimonio investibile superiore ai 50.000 euro, infatti, la percentuale di chi conosce con esattezza l’entità delle aliquote applicabili al capital gain su titoli di Stato e obbligazioni corporate è pari, rispettivamente, al 55% e al 42%.

Se si guarda al recente passato dei mercati finanziari, il 2022 è stato un anno particolarmente negativo per gli investitori che, però, dalla storia possono trarre delle lezioni importanti. Tuttavia, oltre la metà dei rispondenti dichiara di non sapere cosa sia accaduto né sul fronte azionario né su quello obbligazionario. In particolare, il 54% non sa che in quell’anno il valore dei titoli di Stato in portafoglio è sceso mediamente dell’11%.

Andrea Rocchetti, Global Head of Investment Advisory di Moneyfarm, ha commentato: “L’Italia resta agli ultimi posti tra i Paesi Ocse per livello di alfabetizzazione finanziaria e questo ha un impatto tangibile sulle abitudini di investimento dei risparmiatori. Una buona parte dell'ingente liquidità parcheggiata sui conti correnti delle famiglie italiane è stata spostata verso conti deposito e obbligazioni, soprattutto governative, strumenti che di per sé presentano caratteristiche molto interessanti, ma che devono essere inseriti nel contesto di una strategia di investimento diversificata e adeguata al profilo di rischio e alle esigenze di ciascuno. Purtroppo - come ci ricorda il rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane e come confermato da questa nostra indagine - ad oggi sono ancora in pochi a conoscere le caratteristiche e soprattutto i rischi dell’investimento in obbligazioni. Per questo suggeriamo sempre ai risparmiatori di rivolgersi a un consulente professionista per una gestione consapevole del proprio patrimonio. Le famiglie assistite da un professionista detengono mediamente un portafoglio più diversificato”.

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