L’importanza della gestione attiva: il caso WeWork
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L’importanza della gestione attiva: il caso WeWork
di Advisor Professional
La News
WeWork è stata quotata tramite una società di scopo (special purpose acquisition company, SPAC) nell'ottobre del 2021, con una valutazione di 9 miliardi di dollari, ma solo due anni dopo è stata costretta a dichiarare bancarotta. Presentandosi come un'azienda tecnologica, WeWork affittava spazi per uffici, sostenendo di digitalizzare gli immobili attraverso una piattaforma globale, e vendeva abbonamenti e altri servizi.
Richard Clode, CFA, Gestore di portafoglio e Guy Barnard, CFA, Co-Head of Global Property Equities e gestore di portafoglio di Janus Henderson Investors, analizzano il recente fallimento da una prospettiva tecnologica e immobiliare, evidenziando l'importanza della gestione attiva.
Partiamo dal punto di vista tecnologico. Clode spiega che una tecnologia proprietaria è fondamentale per la posizione di un'azienda sul mercato e il conseguente diritto di generare guadagni. “Per quanto WeWork ci abbia mostrato numerosi strumenti tecnologici, abbiamo visto che nessuno di questi era veramente proprietario. Il modello di business/diritto di generare guadagni si basava sul prendere in affitto spazi per uffici a lungo termine e riaffittarli a breve termine a tariffe più alte”.
“Nell'arco di numerosi cicli economici e dei tassi, tra cui la crisi finanziaria globale (GFC) e il crollo delle dot.com, abbiamo visto con quanta rapidità possono esaurirsi i finanziamenti esterni” prosegue Clode. “Distribuire miliardi di dollari al mese in finanziamenti era insostenibile e i fatti lo hanno dimostrato”.
“La tecnologia è un settore davvero dinamico; i disruptor di oggi possono essere le vittime della disruption di domani. Il lavoro ibrido è il nuovo co-working, ed è questo che alla fine ha portato WeWork a chiudere i battenti. Le valutazioni straordinariamente elevate, basate sulle proiezioni di utili e cashflow negli anni futuri, implicano grandi rischi e devono essere scontate di conseguenza”.
Barnard invece analizza il caso WeWork dal punto di vista immobiliare. “Il settore immobiliare tende ad avere un'evoluzione graduale e una crescita incrementale prevedibile”. La proposta di Adam Neumann, co-fondatore e ora ex-ceo di WeWork era relativamente semplice: “sottoscrivere contratti di locazione a lungo termine con i proprietari di uffici e poi suddividere gli spazi in unità più piccole da affittare con contratti a breve termine a privati e aziende. Questi affittuari avrebbero pagato un premio per la maggiore flessibilità e per far parte della comunità globale 'We', con il vantaggio di usufruire di servizi accessori come caffè, birra, DJ e spazi contemporanei e sobri”.
“La sfida, come sempre – sottolinea Barnard – deriva dal disallineamento fra attività/reddito e passività, che è stato esacerbato dall'accelerazione della tendenza a lavorare da casa dopo la pandemia. WeWork ha perso la maggior parte delle entrate quando i clienti sono rimasti a casa, ma la società ha dovuto continuare a pagare l'affitto previsto dai suoi contratti di locazione”.
L'era del denaro gratis con crescita e investimenti a ritmo forsennato non ha mai dato all'azienda la possibilità di generare profitti, tanto che Neumann descrive la redditività e il free cashflow all'epoca come un "risultato gestito", ma che alla fine non è mai stato raggiunto.
Con la scomparsa di WeWork, Clode e Barnard ritengono che valga la pena riflettere sulle lezioni apprese e i benefici che può offrire l'esperienza negli investimenti. “Dato che il QE e il regime di tassi d'interesse zero sono rimasti in vigore a lungo dopo la GFC, fino a circa due anni fa abbiamo vissuto in un mondo di "denaro gratis" e ampia liquidità. I tassi più alti comportano un costo del capitale più elevato, pertanto le aziende devono fare maggiore attenzione a prendere decisioni efficienti riguardo all'allocazione del capitale”.
In conclusione, “essere in grado di valutare dinamicamente una nuova attività, sottoporre a stress test i modelli e le previsioni aziendali e valutare in modo appropriato gli investimenti rispetto a una serie di scenari macroeconomici e di mercato sono le responsabilità di qualsiasi investitore. Decidere quando investire è importante, ma altrettanto importante è sapere quando non farlo”.

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