La posizione lunga sulle obbligazioni è giustificata
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La posizione lunga sulle obbligazioni è giustificata
di Advisor Professional
La News
I fattori alla base dei recenti movimenti di mercato sono cambiati rapidamente: i timori di un surriscaldamento dell’economia statunitense e le preoccupazioni per la Cina, che hanno dominato gran parte del mese di agosto, sembrano aver lasciato il posto a uno scenario ideale, con un’inflazione apparentemente sotto controllo, una crescita ragionevole e un intervento più deciso di Pechino per stabilizzare l’economia nazionale, soprattutto con riferimento al debole settore immobiliare.
Dobbiamo festeggiare il ritorno a uno scenario “Goldilocks” in cui i livelli di crescita e inflazione offrono un contesto perfetto per gli asset rischiosi? Dai movimenti dei mercati azionari e obbligazionari sembra essere troppo presto per alzare i calici.
“Ad agosto, l’indice composito dei responsabili degli acquisti (PMI, ndr) della zona euro è sceso a quota 46,7, il valore più basso dal novembre 2020” rimarca Nathalie Benatia, macroeconomista di Bnp Paribas Asset Management. “Il motivo è da ritrovarsi nel rallentamento dell’attività, sia nel settore manifatturiero che in quello dei servizi. Mentre il PMI dei servizi si era ripreso tra dicembre e maggio, è improvvisamente sceso da 50,9 a luglio a 47,9 ad agosto, segnando la prima contrazione dal dicembre 2022, con un calo particolarmente marcato in Germania e Francia”.
Mentre la zona euro si comporta come da “manuale di economia” – la politica monetaria restrittiva rallenta la crescita, soprattutto attraverso il canale del credito al settore privato – la tenuta della crescita statunitense sta minando le aspettative del mercato e confondendo gli economisti.
“I recenti indicatori statunitensi hanno infatti dato l’impressione di un’attività molto solida durante l’estate. Il modello di previsione GDPNow della Fed di Atlanta, che include i dati disponibili al 6 settembre, fornisce una stima corrente della crescita del PIL del 3° trimestre del 5,6% annualizzato, in aumento rispetto al 2,0% e al 2,1% del primo e del secondo trimestre” riprende la macroeconomista della casa di gestione francese.
“Tra gli indicatori GDPNow che spiegano l’accelerazione da metà agosto vi sono l’occupazione, la produzione industriale, le vendite al dettaglio e, più di recente, l’indice ISM dei servizi. Quest’ultimo ha sorpreso al rialzo il 6 settembre, facendo salire i rendimenti obbligazionari. L’ andamento dell’economia statunitense è oggi più difficile da interpretare rispetto a quella dell’Eurozona”.
Confrontare il livello dei tassi d’interesse su entrambe le sponde dell’Atlantico non è però necessariamente l’approccio più illuminante.
Da un lato, il grado di inasprimento delle politiche è misurato rispetto ai fondamentali macroeconomici di ciascuna economia. Come ha osservato il presidente della Fed Powell al simposio di Jackson Hole ad agosto: “Non possiamo identificare con certezza il tasso d’interesse neutrale, e quindi c’è sempre qualche dubbio sul livello preciso di restrizione della politica monetaria”.
D’altra parte, la BCE ha dovuto abbandonare la sua politica eccezionale di tassi di riferimento negativi, che ha profondamente modificato il comportamento degli agenti economici e degli operatori finanziari.
“Gli ultimi sviluppi e le prospettive sull’inflazione hanno placato le preoccupazioni del mercato riguardo a un’ulteriore impennata dei prezzi; escludendo il rischio di shock esterni” analizza Nathalie Benatia. “Da questo punto di vista, le prospettive inflazionistiche sembrano sempre più chiare, anche se ci vorrà del tempo per tornare a un livello compatibile con gli obiettivi di inflazione delle banche centrali. Alcuni progressi sono già stati compiuti nei mercati emergenti, consentendo tagli iniziali dei tassi - in alcuni casi più consistenti del previsto - da parte di alcune banche centrali di questi Paesi”.
“Per quanto riguarda la crescita del Pil, e quindi dell’attività economica e degli utili delle imprese, l’attuale scenario di consenso ci sembra troppo ottimistico, soprattutto per l’economia statunitense. Nei prossimi mesi si prospetta un rallentamento dell’attività economica a fronte di politiche monetarie invariate - prima dei tagli ai tassi - nelle principali economie sviluppate, il che dovrebbe favorire gli asset a reddito fisso, che attualmente contribuiscono in larga misura al rischio dei nostri portafogli. Stiamo valutando l’idea di ampliare le posizioni, diversificando l’esposizione”.
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