Perchè la guerra in Ucraina ha rafforzato l’approccio Esg
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Perchè la guerra in Ucraina ha rafforzato l’approccio Esg
di Daniele Barzaghi
La News
L’anno ormai abbondante di guerra in Ucraina e di deglobalizzazione che questa ha generato - o almeno accelerato - ha dato l’impressione di favorire asset di investimento prima considerate universalmente in declino come le fonti fossili di energia. Tim Ash, senior strategist per l’obbligazionario emergente di RBC Bluebay Asset Management ritiene esattamente il contrario.
“Il conflitto ha semmai dimostrato il ritrovato potere delle strategie sostenibili Esg. Su tre basi: posizionamento anticipato degli investitori, l'auto-sanzione da parte delle imprese internazionali e approccio forzato di fornitori degli indici di mercato e agenzie di rating”.
“In primis gli investitori Esg avevano già ridotto in anticipo l’esposizione alla Russia, mossi da critiche su stato di diritto e governance. Già nel 2014-2015, l'annessione illegale della Crimea e poi l'intervento militare russo nel Donbass, seguiti dall'incapacità di garantire una risoluzione significativa del conflitto con gli accordi di Minsk 1 e 2, hanno segnalato che un conflitto era probabile. Più di recente, il costante accumulo di truppe russe intorno all’Ucraina, un saggio bellicista di Putin e informazione pubbliche diffuse dalle intelligence internazionali avevano tolto ogni dubbio”.
“In secondo luogo, forse il più grande colpo per la Russia è stata l'auto-sanzione da parte delle compagnie occidentali che vi operavano. Molte aziende, operanti in settori non autorizzati, hanno lasciato la Russia spinti da preoccupazioni Esg” evidenzia Tim Ash. “Penso che questo sia il primo esempio in cui le aziende occidentali non solo hanno lavorato alla lettera delle regole sulle sanzioni, ma anche allo spirito con cui queste restrizioni sono state elaborate e intese”.
“In terzo luogo, le considerazioni Esg sono state, credo, potenti nel persuadere alcuni dei grandi fornitori di indici di mercato a estromettere la Russia dai listini. Così come per le agenzie di rating che hanno declassato la Russia spinti da pressioni di sostenibilità”.

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