Sussidi Green, lo Stato torna al timone delle economie avanzate

20/03/2023

Sussidi Green, lo Stato torna al timone delle economie avanzate

La News

Nel mondo occidentale, dopo decenni di vero o presunto ostracismo, sta tornando in voga un certo interventismo dei governi nel guidare l’attività economica, attraverso la politica industriale, come segnalano anche le analisi dell'asset manager britannico Schroders. Tale dinamismo, in particolare, è oggi volto in primis ad accelerare la transizione ecologica, rallentata dalla guerra in Ucraina e dalle storiche titubanze statunitensi.

 

Gli Stati Uniti hanno in questo senso firmato ad agosto 2022 l'Inflation Reduction Act (IRA), che probabilmente risulterà essere la più importante legislazione sul clima nella storia del Paese: agevolazioni fiscali e sussidi per un valore di 369 miliardi di dollari per le aziende che producono veicoli elettrici, batterie ed energia rinnovabile. 

 

La strategia promuoverà anche la ri-localizzazione (altro tema di grande attualità) negli Stati Uniti di aziende globali operanti nel settore dell’energia verde.

 

L'Inflation Reduction Act rappresenta certamente un rischio, o almeno una sfida, per l'industria delle tecnologie a basso impatto ambientale dell’Unione europea, finora leader.

 

L’Ue, che già era partita in anticipo nel 2005 stabilendo le più alte tariffe per emissioni di carbonio, sta ora studiando una propria strategia di sovvenzione green: il Net-Zero Industry Act (NZIA), annunciato a Davos nel gennaio 2023.

 

L’obiettivo è semplificare e accelerare le autorizzazioni per i nuovi siti di produzione di tecnologie pulite, concentrando gli investimenti su progetti strategici lungo l'intera catena di approvvigionamento.

 

Possibile anche l’istituzione del Critical Raw Materials Act, che dovrebbe garantire l'accesso a minerali e metalli cruciali diversificando l'approvvigionamento e riducendo la dipendenza da forniture altamente concentrate provenienti da Paesi terzi.

 

La Cina investe ad oggi cifre tre volte superiori rispetto a quelle statunitensi. Il colosso asiatico domina la lavorazione di molti minerali fondamentali per la produzione di tecnologie green: ha una quota del 70% circa della lavorazione globale del cobalto e del 60% del litio e del nichel. Le aziende cinesi hanno iniziato a investire in Paesi ricchi di minerali come la Repubblica Democratica del Congo già nel 2006.

L'economia asiatica rappresenta oltre il 70% della capacità produttiva globale di pannelli solari e batterie. È anche il maggior produttore di capacità eolica e di pompe di calore, rispettivamente il 58% e il 38% di questi mercati.

 

Questa concentrazione della produzione in Cina rappresenta chiaramente un rischio per i piani di decarbonizzazione delle economie avanzate. La pandemia di Covid ha già evidenziato la necessità per i Paesi di costruire catene di approvvigionamento più resilienti, poiché la loro interruzione e le conseguenti strozzature possono creare significative pressioni inflazionistiche. Nonché rischi geopolitici.

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