Tecnologia, leggi e cultura: ecco perché le banche non saranno mai Fintech
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Tecnologia, leggi e cultura: ecco perché le banche non saranno mai Fintech
di Fabrizio Villani
Sempre più spesso leggo notizie di nuovi wallet, letteralmente portafogli digitali, lanciati dalle banche che permetteranno di consultare il conto on line o ricevere notifiche di pagamenti di bollette o altro sullo smartphone. Questa è solo una delle decine di azioni che le banche stanno cercando di portare avanti in modo da stare dietro ai cambiamenti che la tecnologia sta apportando nel settore finanziario (insieme di cambiamenti più comunemente definito come FinTech). Si susseguono creazione di fondi di investimento ad hoc per il Fintech, incubatori Fintech, acquisti di imprese Fintech etc. sono tentativi di cambiare una immagine, di diventare qualcosa che non si potrà mai essere e nei prossimi paragrafi cerco di spiegarne i motivi.
Dal punto di vista tecnologico, le infrastrutture tecniche della stragrande maggioranza delle banche risalgono agli anni ’80 (più o meno stesse infrastrutture di Gordon Gekko per intenderci nella foto qui sotto) quindi sono un po’ datate rispetto alle esigenze attuali, questo anche a causa della enorme dimensione delle banche (numero elevato di dipendenti, presenza in diversi paesi, molte filiali sparse sul territorio, numero elevato di utenti).
Nel corso degli anni a questa struttura arcaica si sono aggiunti vari livelli ed elementi che interagiscono tra di loro creando interdipendenze che hanno reso la struttura ancora più complessa, impedendo la sua naturale evoluzione nel tempo e complicando di molto il processo di rinnovamento dell’infrastruttura, che da opportunità, può facilmente trasformarsi in un rischio di stabilità per l’intera organizzazione.
Non significa che la banca non può diventare digitale, infatti stanno investendo ingenti somme di denaro che vanno in questa direzione, ma un “nuovo packaging” non potrà cambiare lo strato di tecnologia sottostante.
Le leggi e la regolamentazione in ambito bancario impediscono alle banche di mettere l’innovazione al primo posto. Ogni processo, soprattutto quelli di cambiamento interno, devono essere adattati a una o più leggi, questo rallenta il cambio.
Le banche coprono i più svariati ambiti di attività nel mercato finanziario (dai mutui, agli investimenti arrivando fino alle assicurazioni..) rispettare le diverse normative, nei diversi segmenti di mercato moltiplica i processi interni di adeguamento alle normative dei vari verticali.
Dal punto di vista culturale, una banca tradizionale è una organizzazione conservatrice, per definizione, che lavora per preservare i suoi interessi e generare redditi sempre più grandi per poter rimanere in vita (alti costi organizzativi, rispettare i livelli di patrimonio di vigilanza e compiacere gli azionisti). Neanche la banca può sfuggire dalla sua propria avversione intrinseca al rischio. Il Fintech invece “getta il cuore oltre l’ostacolo”.
Il tutto è condito da una organizzazione di tipo gerarchico, in cui le lotte di potere internet sono al ordine del giorno. Le filiali hanno un ruolo importante al interno del universo banca, spesso combattono qualsiasi progetto che cerca di permettere al cliente di non doversi per forza recarsi in filiale, perché è in contrasto con i suoi obiettivi commerciali. Come vendere prodotti e attirare nuovi clienti se questi già non passano per la filiale?
Divergenze interne, dimensioni organizzative e guerre di potere rendono difficile definire una strategia comune e fare in modo che tutte le parti della organizzazione remino nella stessa direzione per raggiungere un traguardo comune. Nei processi decisionali inoltre, la gerarchia verticale trasforma solitamente le decisioni in processi lunghi e complessi. Senza trascurare le motivazioni intrinseche dei dipendenti. Che motivazione possono degli impiegati che sono coscienti delle trasformazioni del settore e sono preoccupati dal fatto che da qui al 2018 ci saranno altri 23 mila esuberi come conferma la Fabi tra i principali sindacati del credito, che di recente ha fatto il punto della situazione in un articolo uscito sul Sole 24 ore e ha ricordato come questa cifra sia al netto «delle prossime fusioni e aggregazioni che sicuramente ne comporteranno altri». Perché impegnarmi se il prossimo a esser fatto fuori potrei essere io?
Le imprese Fintech non hanno questi problemi. Si basano su una base tecnologica di ultima generazione, disegnata e progettata per evolversi (insieme al numero di utenti nel minor tempo possibile: questa è la speranza di ogni iniziativa Fintech) e con costi di esercizio inferiori rispetto a quelli bancari.
Le norme per il momento, non sono così stringenti come per le banche e anzi ci sono iniziative dette Sandbox che vanno nella direzione di semplificare ancora di più le normative che riguardano gli obblighi che si richiedono alle Fintech. Questo non significa che le imprese Fintech non rispettano la legge, ma semplicemente che mentre una banca ha la necessità di stare al passo con una normativa che abbraccia più e più verticali, le imprese Fintech si devono focalizzare solo sul verticale che hanno scelto di attaccare (es. una impresa che offre prestiti online a individui attraverso il suo marketplace peer-to-peer non sarà interessata a conoscere nel dettaglio la normativa che riguarda i mutui o le assicurazioni).
Il Fintech è per sua natura orientato all’attenzione e alla soddisfazione del cliente. Il fatto di essere delle startup gli permette di lavorare con un obiettivo chiaro, una organizzazione giovane e di piccole dimensioni, creata per sviluppare una soluzione ad un problema concreto. Il focus è sulla risoluzione del problema assicurando la migliore soddisfazione e la migliore esperienza utente.
Oltre a questi punti si ha un cambio culturale radicale che si sviluppa come una opposizione alla cultura bancaria dalla quale è nata la ultima crisi finanziaria ed economica, nella quale ancora ci troviamo invischiati. Trovare la miglior soluzione possibile al problema del cliente, smettendola di considerarlo solo come una fonte di reddito, maggiore trasparenza e un orientamento alla soddisfazione del cliente e meno a soddisfare gli interessi dell’organizzazione. Le banche continuano a dire ai loro clienti “ho questo prodotto che fa al caso tuo, compralo”, le imprese Fintech domandano “Cosa ti serve? Come ti posso aiutare?” e cercano di offrire il prodotto adeguato alle necessità dei loro clienti.
I clienti sono al centro della cultura Fintech, è questo il cambio di paradigma difficile che dovranno adottare le banche. La cultura fintech è in sintonia con la cultura delle nuove generazioni Y e Z: tecnologia incentrata a soddisfare gli interessi degli utenti.
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