05/12/2017

Cambiano i criteri di determinazione dell’assegno divorzile

Con la Legge divorzile 898/70 la risoluzione degli assetti patrimoniali dei coniugi quando non trova origine nell’autonomia negoziale delle parti attraverso la condivisione di un assegno divorzile o di una liquidazione una tantum viene stabilita in sede giudiziale mediante la previsione di un assegno post-matrimoniale. Le regole previste per la determinazione dell’assegno a favore del coniuge debole offrono al giudice un elevato grado di discrezionalità poichè l’art.5 comma 6 della Legge 898/70 condiziona il diritto all’assegno alla “mancanza di mezzi adeguati e all’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive”. La norma tuttavia rimane colpevolmente generica e non precisa quali mezzi debbano considerarsi adeguati. La giurisprudenza di merito prima e il supremo collegio con due fondamentali sentenze delle Sezioni Unite nn. 11490 e 11492 del 29.11.1980 poi, hanno individuato come parametro per stabilire l’adeguatezza dei mezzi il tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio. In quegli anni infatti le famiglie vivevano con un solo reddito, si erano spesso create quando il divorzio non era previsto ed il matrimonio era ritenuto indissolubile. La Suprema Corte riteneva quindi lecita l’aspettativa a conservare i benefici economici del matrimonio anche dopo che la Legge 898/70 ne ha permesso il dissolvimento. Tale consolidata interpretazione accentuava la funzione compensativa e risarcitoria dell'assegno, anche a discapito della irrinunciabile funzione assistenziale il cui fondamento è ravvisabile nel dovere di solidarietà nei confronti del coniuge che "non ha mezzi adeguati o non può procurarseli per ragioni oggettive”. Da allora tuttavia abbiamo assistito a mutamenti epocali della famiglia in seno alla società di massa: si è passati prima dalla famiglia indissolubile della società solida alla famiglia precaria della modernità liquida e poi all’individualismo sfrenato dei nostri giorni.

 

Dalla famiglia indissolubile alla precarietà familiare

Con l’avvio del processo di demassificazione si è assistito ad un indebolimento dei legami forti: dalla centralità della famiglia patriarcale si è passati all’attenzione verso la sola famiglia nucleare composta dalla coppia e dall’eventuale prole. L’approvazione del divorzio ha mutato la società di massa con la sua famiglia “solida” che si è lasciata sostituire dalla famiglia “liquida” abilmente osservata da Bauman . L’aumento del livello di istruzione e l’avvio dell’agognato percorso di autonomia personale della donna che per secoli ha portato il peso dell’unità familiare hanno marcatamente contribuito all’aumento delle separazioni e dei divorzi.

 

Dalla precarietà familiare all’individualismo imperante

La società attuale plasmata dalla rivoluzione industriale e dall’ascesa della borghesia, di fatto, non può più definirsi una società di massa perché ha perduto nel frattempo i suoi connotati essenziali fondati sulla comunità. La società dei nostri giorni è rivolta piuttosto all’esaltazione dell’individualità, della singolarità, della differenza a scapito della socialità. Stiamo assistendo ad una nuova rivoluzione sociale fondata sul passaggio dalla famiglia liquida all’individualismo imperante. Promuovere la celebrazione della personalità unica che alberga in ogni soggetto ha molti risvolti positivi, ma certamente porta all’indebolimento delle relazioni ed alla “liquefazione” definitiva della modernità.

 

Quando il legislatore è pigro ci pensano i giudici

In presenza di un legislatore pigro spetta alla giurisprudenza adeguare i meccanismi della legge divorzile ai cambiamenti prodotti in seno alla società. Per questi motivi il 10 maggio 2017 a distanza di 47 anni dall’introduzione del divorzio la Corte di Cassazione sembra ritenere il suo consolidato orientamento non più attuale. La rivoluzionaria sentenza n° 11504 della Corte di Cassazione pare infatti cambiare il parametro di determinazione dell’assegno che viene adesso individuato nell’indipendenza economica del coniuge debole richiedente: se è accertato che quest’ultimo è economicamente indipendente ed è effettivamente in grado di esserlo non deve essergli riconosciuto il relativo diritto.

 

Dal tenore di vita all’indipendenza economica

L’idea che il tenore di vita precedente dovesse essere conservato anche dopo il matrimonio ha rappresentato per molti ex coniugi un’astrazione cozzante con la più cruda realtà postmatrimoniale comportante il depauperamento reddituale e patrimoniale di entrambi gli ex coniugi che si vedevano costretti a subire l’inasprimento di molte spese familiari derivanti ad esempio dal bisogno di avere due case separate o due differenti automobili. Già la Corte costituzionale con la pronuncia n. 11 del 2015 aveva ravvisato che il parametro "per determinare in astratto il tetto massimo della misura dell'assegno" rappresentato dal tenore di vita goduto in costanza di matrimonio è da bilanciare e da commisurare concretamente, caso per caso, con la condizione e il reddito dei coniugi, il contributo dato da ciascuno alla formazione del patrimonio comune, la durata del matrimonio, le ragioni del divorzio. Utilizzare il criterio del tenore di vita matrimoniale per determinare le conseguenze patrimoniali del divorzio ha significato prolungare i vincoli economici derivanti da un fatto, il matrimonio, che non esiste più proprio a seguito del divorzio ed ha lasciato intravedere censure di incostituzionalità del già citato art.5 come ravvisato recentemente da alcuni tribunali di merito. Tale nuovo orientamento della Suprema Corte può rappresentare in qualche modo un primo recepimento del principio 2.2 della Commissione europea sul diritto di famiglia in forza del quale “dopo il divorzio ciascun coniuge deve provvedere ai propri bisogni” . E utile ricordare a tal proposito le conseguenti riforme attuate in Francia (dove l’assegno divorzile è stato sostituito da una liquidazione non più modificabile) ed in Germania (dove come avviene nei paesi nordeuropei ed in Svizzera è stato introdotto il principio in base al quale ciascun coniuge, dopo il divorzio, deve provvedere al proprio mantenimen-to) . Assume dunque rilevanza il concetto di autoresponsabilità economica dell’ex coniuge che viene a perdere il diritto a godere dell’assegno quando venga dimostrato il possesso di redditi di qualsiasi specie, il possesso di cespiti, le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro oltre alla stabile disponibilità di una casa di abitazione. Proprio riferendosi a questi principi la Corte di Appello di Milano ha deciso per l’annullamento dell’onere imposto in primo grado all’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi di riconoscere un’assegno divor-zile milionario all’ex coniuge Veronica Lario che risulta proprietaria di importanti pa-trimoni e redditi che garantiscono abbondantemente alla stessa la piena autonomia in-dipendentemente dal tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

 

Possibili conseguenze

La funzione risarcitoria che per decenni è stata attribuita all’assegno divorzile viene as-sorbita dunque dalla sua funzione assistenziale: il coniuge forte verrà chiamato a versare un importo periodico a favore del coniuge debole solo in caso di mancanza di indi-pendenza economica dello stesso. Insomma se questa interpretazione dovesse essere mantenuta e confermata dalle sezioni unite non verranno mai più riconosciuti assegni superiori ai 20/30.000.000€ annui nella peggiore delle ipotesi e si avrebbe inoltre la pos-sibilità di richiedere ai tribunali la rivisitazione degli assegni precedentemente riconosciuti come quello milionario che secondo le cronache il portiere della Juventus e della Nazionale Gigi Buffon versa a favore della ex moglie Alena Seredova per un matrimonio che non è durato che qualche anno. Assegni divorzili più bassi portano a liquidazioni una tantum più contenute e quindi ac-cessibili e questo potrebbe, a parere di chi scrive, rendere più conveniente ai coniugi in crisi il ricorso alla liquidazione una tantum. Ricordiamo infatti che l’assegno divorzile è onere deducibile per chi lo sostiene, ma è reddito da dichiarare per chi lo riceve a differenza della liquidazione una tantum che invece è totalmente esente da imposta sia per chi lo versa che per chi lo riceve.

 

Auspici

Questa rivoluzionaria pronuncia, da molti e per molti versi auspicata, non deve far di-menticare il ruolo sociale che la funzione risarcitoria dell’assegno divorzile ha svolto per tutelare coniugi deboli, spesso donne, che per dedicarsi alla comunità familiare ed alla crescita dei loro bambini hanno rinunciato a carriere professionali più o meno promet-tenti. Queste famiglie, questi uomini e queste donne esistono ancora. Per evitare il pro-trarsi degli effetti distorsivi prodotti dal precedente orientamento e quelli che potranno essere generati dalla nuova interpretazione, dominante o minoritaria che sia, sarebbe auspicabile un’intervento chiarificatore e lungimirante del nostro legislatore troppo spesso incapace di intervenire nella restaurazione della nobile dimora di un diritto di famiglia dalle blasonate origini, ma oramai vetusto, davvero vetusto. In questa direzione si registra un primo tentativo di riforma: la proposta di Legge 4605 del 27 Luglio 2017 che suggerisce la definitiva modifica dei criteri di determinazione dell’assegno divorzile in considerazione dei cambiamenti sociali intervenuti e del nuovo orientamento giuri-sprudenziale.

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