12/06/2017

Reclutamenti: la voce dei bancari

Ogni giorno il mio lavoro di head hunter mi porta a confrontarmi con tanti bancari provenienti da diverse realtà e ognuno di loro  mi racconta la propria esperienza professionale oltre alla storia di vita.

 

Dai tantissimi colloqui condotti, è emerso un fattore che accomuna la maggior parte dei bancari è il sentirsi un "numero" e non una "persona". La maggior parte di loro lamenta di sentirsi solo un semplice "strumento" per far crescere i superiori.

 

Racconti continui che mettono al centro la  disattenzione nei confronti dell'essere umano. Obiettivi sempre più pressanti che tolgono la possibilità di lavorare nel medio/ lungo periodo. Alcuni raccontano addirittura di obiettivi giornalieri e questo fa del bancario spesso un professionista poco felice costretto a soddisfare le richieste della banca e a considerare sempre meno l'interesse del cliente. C'è chi non accetta questo tipo di approccio e vive un senso di profonda frustrazione. Si entra costantemente in conflitto tra ciò che sarebbe opportuno fare e cio che si è "costretti" fare. Persone che sostengono di non sentirsi soddisfatti  ne gratificati dalla loro attività e questo li rende frustrati, danneggiando così la loro qualità di vita. Si sentono costantemente sotto pressione con i budget. 

 

Ho ascoltato bancari dire dopo tanti anni di attività: "oggi si fa vendita, è diventata la nostra una vendita al bancone perdendo di vista così il servizio al cliente".

 

Professionisti imbarazzati perché si ritrovano a proporre una varietà di prodotti che va dal  telefono alla polizza per i denti...alcuni sono veramente imbarazzati perché è una vendita che li porta a vivere un depauperamento del loro ruolo professionale.

 

Ho incontrato professionisti totalmente in crisi, che cercano in tutti I modi di barcamenarsi tra le esigenze della banca e quelle del cliente e non sempre è facile farlo...c'è chi mi ha raccontato di vivere tutto questo come un vero problema...cercano in tutti i modi la strategia migliore per fronteggiare questo conflitto interiore.

 

C'è chi invece, nonostante le indicazioni agisce secondo il proprio modo di intendere l'attività, riferendomi:

Cerco sempre il prodotto o servizio adeguato al cliente, tanto che i portafogli dei clienti li vivo come se fossero i miei, lavoro molto sulla diversificazione del portafoglio, i miei clienti guadagnano tutti, poco ma tutti. L'azienda mi dice che sono troppo dalla loro parte. Ma io continuo a trattarli come io vorrei essere trattato. Amo il mio lavoro, mi porta a contatto con le persone ed io non le tradirei mai. Non ho mai collocato carta straccia per l'interesse della banca, io sono un professionista. 


A volte nella selezione ascoltare queste storie può pesare, vedere talenti appassionati del loro lavoro sentirsi spegnere piano piano ma poi quando notano l'interesse che hai per loro prima di tutto come persone piuttosto che come "portatori di portafoglio" li fa sentire accolti.

 

Questa accoglienza li apre, a volte li stupisce ed allora si inizia un percorso di conoscenza e condivisione.

Un percorso dove si costruisce insieme una nuova idea di professione, una nuova strada da percorrere.
 

"Le persone sono state create per essere amate e gli oggetti per essere usati. Se il mondo è nel caos, è perché gli oggetti vengono amati e le persone usate."

 

Maria Grazia Rinaldi, 

Head Hunter Financial Advisors and Private Bankers 

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